Umanità e creato in comunione
Diventa sempre più evidente che quella che è stata chiamata “la crisi ecologica” è forse il problema principale che si presenta all’attenzione della comunità mondiale. Diversamente da altri nodi problematici, questo è segnato da un lato dalla peculiarità che è un problema globale, riguardante tutti gli esseri umani a prescindere dall’area del mondo in cui vivono e dalla classe sociale a cui appartengono, dall’altro lato dal fatto che è un problema che non ha a che fare semplicemente con il benessere ma con la possibilità stessa di sussistere dell’umanità e forse del creato nella sua interezza. È di fatto difficile trovare un qualsiasi aspetto di quel che chiamiamo “male” o “peccato” che porti con sé un simile potere devastante e riguardante ogni cosa come il male ecologico. Questo modo di descrivere il problema ecologico può forse sembrare agli orecchi di alcuni un’esagerazione grossolana, tuttavia è difficile trovare un solo scienziato o uomo politico serio e responsabile che non si trovi d’accordo con quanto appena rilevato …
Cos’ha da offrire la teologia all’umanità, alla luce di questa situazione? La prima cosa, ovvia, da menzionare è che la teologia non può e non deve rimanere muta su un tema come questo. Se la fede riguarda le cose ultime, abbraccia problemi di vita e di morte, questo problema particolare rientra nella sua portata categoriale. È quasi impossibile scusare la teologia cristiana e la chiesa per il silenzio così prolungato su questa materia; ciò in particolar modo da quando, e non senza buone ragioni, a esse è stata mossa l’accusa di avere a che fare con le radici del problema ecologico. Esse – la chiesa e la teologia – devono parlare di questo argomento non tanto per scusarsi e offrire spiegazioni a seguito di tali accuse, ma al fine di offrire un contributo costruttivo per la soluzione del problema. Devono avere qualche parola significativa da dire su una materia come questa, altrimenti rischiano di essere irrilevanti e incapaci di tenere il passo con la loro pretesa di verità; perché una verità che non offre la vita è svuotata di qualsivoglia significato.
Sento che la nostra cultura ha bisogno di rivivificare la presa d’atto che la superiorità degli esseri umani in rapporto al resto delle creature non consiste nella ragione che essi possiedono, bensì nella loro capacità di porsi in relazione in modo tale da creare eventi di comunione, a partire dai quali gli esseri individuali sono liberati dal loro essere centrati su se stessi e quindi dai loro limiti, e vengono riferiti a qualche cosa di più generale di loro stessi, a un “oltre”. A Dio, se si desidera far uso di questa terminologia tradizionale. Un simile uomo può agire non da agente pensante, ma come persona.