“Doveva perciò attraversare la Samaria”.Così è scritto nel vangelo: era dunque una necessità che spingeva Gesù, una necessità dettata dal di dentro. Era una necessità dettata, potrei dire, dal cuore. Una necessità non geografica, ma di cuore. Questo dirottamento di strade ci rimane come un pungolo nel cuore, perché viene a chiederci se anche noi come Gesù siamo – quasi per una necessità interiore – spinti, irresistibilmente spinti ad andare fuori dai percorsi abituali, ad attraversare territori dello Spirito giudicati spuri, presso pozzi in territori samaritani. Per incontrare chi? Una donna dai cinque mariti?
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Il peccato disgrega la volontà, deturpa la personalità e scioglie la consistenza dell’anima: non siamo più in grado di resistere alla tirannia del vizio e alla lusinga del peccato. Infatti, come il topolino cade sotto gli artigli del gatto non appena viene sorpreso, così la forza del peccatore si dissolve al minimo cedimento al vizio; e come il cuore dell’antilope si arresta alla vista del leone ed essa cade morta tra le sue zampe, così il peccatore si consegna ai pensieri cattivi.
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Tutti consideriamo la sapienza come un bene desiderabile, anzi indispensabile a una vita buona e felice, ma poi ci riesce difficile precisare in che cosa consista, o come ottenerla. Sapienza è un fatto puramente interiore, un atteggiamento contemplativo, un esercizio intellettuale? Queste definizioni non sono inesatte, ma ancora parecchio approssimative se ci confrontiamo con la Bibbia ebraica. Siamo infatti in ricerca di una risposta più biblica, il che significa anche meno astratta, forse più articolata.
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Dinanzi alla violenza, costitutiva di ogni società umana, il Gesù del discorso della montagna invita a rispondere con un mutamento radicale, un’opposizione non violenta che è una vera e propria dichiarazione di guerra alla violenza degli uomini.
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