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La divisione rende deboli

Leggi tutto: La divisione rende deboliNessuno di noi può dimenticare che l’unità dei cristiani è un preciso comandamento di Cristo. È proprio per l’unità dei cristiani che il nostro Signore e Salvatore pregò prima della sua passione sulla croce. La sua preghiera continua a risuonare come appello a operare tutto ciò che dipende da noi per ristabilire quell’unità che è stata rotta nel passato. Questa preghiera è per noi come una campana a martello, che insistentemente ci ricorda la pressante necessità di realizzare il compito che il Signore stesso ha posto dinanzi a noi. L’assenza dell’unità tra i cristiani è uno scandalo per il mondo intero e per le nostre chiese. Non possiamo sfuggire alla responsabilità affidata a ciascuno di noi perché sia ristabilita l’unità dei cristiani

Siamo tutti stanchi di belle parole e dichiarazioni. Occorre che tra di noi parliamo apertamente dei problemi che ci preoccupano. Abbiamo il dovere di ricordarci l’urgenza del compito che ci sta davanti, la necessità dell’unità cristiana. Perché questo compito è cosi essenziale? Perché ogni giorno che passa nella divisione ci priva di quelle possibilità che avremmo uniti. Decine di migliaia di giovani perdono la vita per non essere riusciti a trovare una ragione per vivere, e noi siamo stati incapaci di indicarla loro. Muoiono vittime di stupefacenti, dell’alcool, dell’Aids, e i cristiani uniti avrebbero forse potuto mostrare loro efficacemente una speranza. Dovremmo pensare di più ai bisogni reali delle persone.

Vorrei terminare il mio intervento con un appello: non abbiamo paura a fare insieme tutto quello che possiamo. Ci sono molte cose che potremmo fare insieme, c’è un ampio campo per l’azione comune. Ma al contempo parleremo apertamente dei nostri disaccordi, senza temere di essere poco diplomatici, senza cercare di nasconderli dietro belle parole e garbati auguri. Se agiremo lungo queste due direzioni, forse, già qui in prospettiva storica, e non escatologica, potremo veder realizzata nella nostra vita la preghiera del Signore sull’unità dei cristiani.

 Ilarion Alfeev, Cristiani nel mondo contemporaneo

Battesimo di Cristo e battesimo del cristiano

Leggi tutto: Battesimo di Cristo e battesimo del cristiano“Ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per la remissione dei vostri peccati, e riceverete il dono dello Spirito santo” (At 2,38).

Gesù, resuscitato dallo Spirito santo, è diventato sorgente dello Spirito per la sua chiesa, e il battesimo è il sacramento per eccellenza di tale dono. In questo senso, “nascere dall’acqua e dallo Spirito” (cf. Gv 3,5) è nascere dallo Spirito santo di cui l’acqua è segno: per questo l’Apostolo può dire che “siamo stati immersi, battezzati in un solo Spirito” (1Cor 12,13).

Il cristiano nasce dunque dallo Spirito santo e non può sottrarsi al “bagno di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito” (Tt 3,5), perché resta sempre immerso nello Spirito santo. È lo stesso Spirito che resuscita il cristiano incorporandolo a Cristo risorto, e compiendo questa azione rimette e cancella definitivamente i peccati, sicché Dio non li ricorda più (cf. Is 43,25). Inizia proprio nel battesimo quella “conoscenza della salvezza” sperimentata “nella remissione dei peccati” (Lc 1,77) – come cantiamo nel Benedictus –, l’unica esperienza di salvezza che ci è donato di fare durante la nostra vita terrena. Nel battesimo lo Spirito santo distrugge l’uomo vecchio (cf. Rm 6,6), fa rivestire il cristiano di Cristo (cf. Gal 3,27), lo rende uomo nuovo (cf. Ef 4,24), creatura nuova (cf. 2Cor 5,17) conforme a Gesù Cristo, il nuovo Adamo (cf. 1Cor 15,45). Efrem il Siro (iv secolo) legge il battesimo di Gesù come discesa nell’acqua di Gesù e dello Spirito che era presso di lui: lo Spirito santo invisibile si è mescolato all’acqua visibile, in modo che chi è immerso lo sia non solo nell’acqua ma anche nello Spirito mescolato ad essa. Secondo Efrem nel battesimo la remissione dei peccati avviene grazie all’immersione nello Spirito santo. Battesimo di Cristo e battesimo del cristiano non si oppongono ma si completano, perché “come lo Spirito è sceso su Gesù nel suo battesimo” (cf. Mc 1,10 e par.), così è donato attraverso il suo battesimo: “Ecco il fuoco e lo Spirito santo sul fiume in cui tu sei stato battezzato [o Cristo], fuoco e Spirito nel nostro battesimo”.

Enzo Bianchi, Effusione dello Spirito santo e remissione dei peccati

Tre arpe, beatitudine della chiesa

Leggi tutto: Tre arpe, beatitudine della chiesaNel giorno dell’Epifania il vangelo conferma e rilancia la grande promessa di Dio ad Abramo, che lo zelo del Signore compirà: “In te si diranno benedette tutte le genti della terra” (Gen 12,3).

Nella venuta dei magi inizia a risplendere l’adempimento del mistero nascosto nei secoli nella mente di Dio. Da sempre il Signore vuole che tutti gli umani siano salvati, arrivando a conoscerlo, e con loro tutte le creature: cioè la salvezza che Dio ha preparato è coestensiva alla creazione. Dio ha creato solo ciò che ha amato: ciò che non avesse amato, non l’avrebbe neppure creato, come dice il libro della Sapienza. Tutto è stato creato nel Verbo, e tutto sarà ricapitolato, re-intestato nel Verbo, cioè è abitato dal Verbo già ora. In vista di questa salvezza Dio ha eletto Abramo, Israele e la chiesa. Anche l’elezione e la vocazione del servo del Signore sono per le moltitudini. Non c’è salvezza che non sia salvezza per tutti. Mentre attendiamo che tutte le genti si dicano benedette nel Signore Gesù, e che Israele si rallegri, si possa rallegrare di riconoscerle benedette nel suo Messia, noi, chiesa dalle genti, possiamo forse leggere in questa pagina quel mandato che Efrem il Siro chiamava la beatitudine della chiesa, cioè far risuonare le tre arpe gloriose: le Scritture sante di Israele, il vangelo e la creazione …

La terza arpa è la creazione. Una meravigliosa stella, prodigiosa come tutte le stelle, ha saputo indicare, brillando di gioia, colui che l’aveva creata (cf. Bar 3,35). I magi hanno saputo scrutare con enorme sapienza amorosa il cielo stellato, e hanno saputo ascoltare da lui un racconto del Creatore fino a giungere a Gerusalemme. Per crescere nella conoscenza del Signore dobbiamo imparare dalle genti tutte, dalla loro obbedienza alla creazione, a decifrare quel canto che le creature, per amore di Dio, sanno fare. La rivelazione non spegne affatto né rende superfluo questo canto, anzi: fu grandissima la gioia dei magi nel rivedere la stella, dopo aver ricevuto l’annuncio delle Scritture. Gesù, che qui è cercato grazie a una stella, saprà scrutare sia le Scritture che la creazione, alla quale sapeva di appartenere, e saprà leggere la promessa della resurrezione sia nella pagina del roveto ardente sia nel chicco di grano caduto a terra…

 

Vai al libro: Maria dell’Orto, La follia del vangelo

Nella bontà e nella mitezza

Leggi tutto: Nella bontà e nella mitezzaColui che è veramente Signore e creatore di ogni cosa, l'invisibile Dio, egli stesso mandò dai cieli la verità e la parola santa e incomprensibile agli uomini e la stabilì saldamente nei loro cuori; e non mandò, come alcuni potrebbero immaginare, un servitore, un angelo, un arconte, uno di coloro che reggono le realtà terrestri o di coloro ai quali è affidato il governo delle realtà celesti, ma lo stesso autore e creatore dell'universo, per mezzo del quale creò i cieli e racchiuse il mare entro i suoi confini ... è lui che Dio ha inviato agli uomini. Forse, come qualcuno potrebbe pensare, [fece questo] per imporre tirannia, paura, spavento? No di certo! Lo ha inviato, invece, nella bontà e nella mitezza, come un re che invia suo figlio re; lo ha inviato come Dio; lo ha inviato come uomo agli uomini; lo ha inviato per salvare, per convincere e non per costringere; la costrizione non si addice a Dio. Lo ha inviato per chiamare, non per accusare; lo ha inviato per amare, non per giudicare (cf. Gv 3,16-17) ...

Nessun uomo ha visto o ha conosciuto [Dio] (cf. Gv 1,18; 1Gv 4,12), ma egli stesso si è manifestato. E si è manifestato attraverso la fede, alla quale soltanto è consentito vedere Dio. Dio infatti, il padrone e il creatore di tutte le cose, colui che le ha fatte tutte e le ha disposte secondo un ordine, non solo si è mostrato pieno di amore per gli uomini, ma anche longanime. Sempre fu, è e sarà tale: benevolo, buono, senza ira e veritiero, il solo buono.

Avendo concepito un progetto grande e inesprimibile, lo comunicò soltanto al Figlio. Finché dunque conservava e custodiva nel mistero il suo sapiente proposito, sembrava non interessarsi di noi e non preoccuparsene. Ma quando lo ebbe rivelato attraverso il suo Figlio amato ed ebbe manifestato ciò che fin da principio era stato preparato (cf. Rm 16,25-26; Ef 3,4-12), ci offrì un tempo per ogni cosa: l'essere partecipi dei suoi doni, il vedere e il comprendere. Chi mai di noi se lo sarebbe aspettato?

(A Diogneto)

Vai al libro: Nuove letture dei giorni

Visitazione

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Cristo nel vangelo dice: Giovanni era una lucerna che arde e splende (Gv 5,35). Giovanni era come una lucerna sotto il moggio mentre era ancora racchiuso nell’utero di sua madre, ardeva del desiderio del suo Signore veniente ed esultava di pazza gioia all’incontro con lui (cf. Lc 1,44). Ma la lucerna che allora era sotto il moggio doveva essere posta sopra il candelabro, perché facesse luce a tutti coloro che erano nella casa (cf. Mt 5,15); ed essa, che prima illuminava solo il moggio, avrebbe irradiato su tutto il mondo nuovi fulgori. Non illuminava forse il suo moggio colui che, mediante lo Spirito santo, rivelò a sua madre la conoscenza di un così grande mistero? E da dove mi viene – disse Elisabetta – che la madre del mio Signore venga a me? (Lc 1,43). Chi ti indicò, o donna santa, che veniva a te la madre del tuo Signore? Non appena – disse – la voce del tuo saluto è giunta alle mie orecchie, il bambino ha esultato di gioia nel mio seno (Lc 1,44).
Ardeva dunque Giovanni, poiché dall’Altissimo era stato mandato un fuoco, per bocca di Gabriele, nel seno della Vergine, affinché tramite le parole della Vergine lo Spirito santo, venendo, infondesse ardore nel bambino e lo preparasse a essere lucerna per il Signore.

L’anima di Giovanni si sciolse quando Maria parlò.

Lo Spirito santo, che abitava pienissimamente nella Vergine, passò dalla Vergine su Giovanni, e da Giovanni su Elisabetta e Zaccaria. Perciò lo spirito di Maria esultò in Dio suo salvatore (cf. Lc 1,46-47) e subito, alla venuta di lui, Giovanni esultò nell’utero [della madre], ed esultò anche la madre. Profetarono il padre e la madre, tutti furono colmi di Spirito santo. Dal ventre di Maria fluiscono fiumi, poiché [egli] era una sorgente di acqua viva che zampilla per la vita eterna (Gv 4,14). Il fuoco dello Spirito santo infiammò con grande impeto tutti coloro che erano nella casa, poiché non vi era nessuno di loro che potesse sottrarsi al suo calore (Sal 18,7). Tutti ardono, tutti risplendono.

Pietro di Blois

Vai al libro: Padri della chiesa d’occidente, Un testo al giorno

Maria concepisce ascoltando e credendo

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Leggi tutto: Maria concepisce ascoltando e credendoDi’ [angelo] Gabriele, parla alla Vergine, perché possiamo udire. Egli dice: Non temere, Maria, poiché hai trovato grazia presso il Signore. Ecco, concepirai nel tuo ventre, e partorirai un figlio, e gli darai nome Gesù. Egli sarà grande e sarà chiamato Figlio dell’Altissimo, il Signore Dio gli darà il trono di David suo padre, regnerà in eterno sulla casa di Giacobbe, e il suo regno non avrà fine (Lc 1,30-34).

Ecco, abbiamo udito l’annuncio, abbiamo udito il mistero dell’eterno disegno, abbiamo udito anche le parole della nostra liberazione; e abbiamo udito anche ciò che il re e profeta David dice a questa nostra regina, a questa sua figlia, a proposito di questo annuncio, quando dice: Ascolta, figlia, guarda e porgi l’orecchio, dimentica la tua gente e la casa di tuo padre, poiché il re ha desiderato la tua bellezza; egli, infatti, è il Signore tuo Dio (Sal 44,11-12). Ascolta, dice, figlia mia, della mia stirpe, della mia discendenza, nobiltà e gloria della mia stirpe, ascolta ciò che l’angelo dice, ciò che il messaggero celeste ti promette. Sii prudente, sii sollecita, ascolta con attenzione poiché sono cose grandissime quelle che ti vengono annunciate. Guarda, dunque, e comprendi, accogli la Parola nel cuore e nel tuo ventre: vergine concepirai e vergine partorirai, poiché entra in te dall’orecchio colui che da te nascerà. Egli, infatti, è la Parola, e via della Parola è l’orecchio. Non in altro modo, infatti, concepisce la beata vergine Maria, se non ascoltando e credendo. Se non avesse udito, non avrebbe creduto. Ascoltò e credette, e credendo concepì.
Ecco – disse – la serva del Signore. Mi avvenga secondo la tua parola (Lc 1,38). Questo fu il concepimento di Cristo, in questa maniera egli fu concepito, e in questa maniera la Parola si è fatta carne (Gv 1,14).

Vai al libro: Padri della chiesa d’occidente, Un testo al giorno

Che cosa riempie il tempo?

Leggi tutto: Che cosa riempie il tempo?Anzitutto, c’è una pienezza nel tempo. Il termine pienezza, rimanda il nostro pensiero direttamente al concetto di misura, da dove è derivato: si dice infatti che qualcosa è pieno quando ha tutto quanto può contenere. Ora, “Dio ha fatto tutte le cose con misura” (Sap 11,20), e se tutte le cose, allora anche il tempo. Certo, lo stesso tempo è chiamato dall’Apostolo mensura temporis (Ef 4,13), la misura del tempo. Come dunque tutte le altre misure hanno la loro, così anche la misura del tempo ha la sua pienezza, quando riceve tanto quanto la sua capacità può contenere, e non di più. Così, il tempo è una misura: ha una capacità, e questa ha una pienezza. Cioè, esiste quella cosa che è la pienezza del tempo. Ma, niente è pieno al principio, e nemmeno lo è il tempo immediatamente. Venit plenitudo, viene, non subito, né direttamente, ma passo dopo passo, sempre più vicino. Riempie, prima un quarto, poi una metà, fino a che raggiunge l’orlo. E vi sono pure gradi, attraverso i quali esso viene. Ecce palmares posuisti dies meos, ecco, a palmi hai misurato i miei giorni (Sal 39 [38],6). Da questa parola palmares – è quanto osserva uno dei padri – un uomo può leggere il suo tempo nella sua stessa mano: c’è una somiglianza tra la mano di un uomo e il suo tempo. Come nella mano, visibilmente, c’è un’ascesa, e le dita continuano ad alzarsi, fino che giungono al vertice del dito medio; e quando sono arrivati lì, giù di nuovo per una simile discesa fino a che giungono al mignolo, che è il più basso di tutti. Così è del nostro tempo: continua a salire per gradi, finché giungiamo al pieno vertice della nostra età, e poi declina di nuovo, fino a raggiungere gradualmente il termine basso dei nostri giorni.

Ma, quale che sia il modo in cui ciò accade, come capita spesso, la discesa è improvvisa, scendiamo a capofitto senza gradi, ce ne andiamo in un momento, eppure resta sempre vero che alla nostra pienezza non arriviamo se non per gradi.

Ora, questa venuta ha un quando venit, un tempo nel quale essa viene qui. Quanto al tempo c’è un lungo momento in cui possiamo dire, nondum venit hora, il tempo non è ancora giunto, mentre la misura è tuttora in fase di riempimento. Così, alla fine, c’è pure un tempo in cui possiamo dire, venit hora, il tempo è ora giunto, quando la misura è piena. Cioè: c’è un tempo in cui il tempo giunge a essere pieno, come nel giorno, quando il sole giunge alla linea meridiana; nel mese, quando giunge al punto di opposizione con la luna; nell’anno quando arriva al solstizio; nell’uomo quando egli arriva alla pienezza degli anni: perché questa è la pienezza del tempo che l’Apostolo dichiara nei tre versetti precedenti (cf. Gal 4,1-3).

E quando è quel quando, quello in cui il tempo giunge alla sua pienezza? Quando misit Deus, quando Dio lo invia, poiché il tempo riceve il suo riempimento da Dio. Di per sé il tempo è solo una misura vuota, non contiene niente. Molti giorni e mesi scorrono sulle nostre teste, dies inanes, dice il salmista (cf. Sal 78 [77],33); menses vacui, dice Giobbe (Gb 7,3): giorni vuoti, mesi vacui, senza niente che li riempia. Ciò che riempie il tempo, è una qualche cosa memorabile che Dio vi riversa dentro o, come dice il testo, qualcosa che invia per riempirlo con essa. È il misit Deus, Dio inviò, e così il tempo arriva a essere più o meno pieno, secondo ciò che Dio manda per riempirlo.

Vai al libro L. Andrewes, Dio è diventato uomo