Saluti del priore Luciano Manicardi

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XXVII Convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa
CHIAMATI ALLA VITA IN CRISTO
Nella chiesa, nel mondo, nel tempo presente
Monastero di Bose, 4-6 settembre 2019 

“Quelli che vivono in Cristo sono chiamati con una chiamata costante e continua tramite la grazia impressa nell’anima dai misteri, questa grazia che è, come dice Paolo, Lo Spirito del Figlio di Dio che grida nel loro cuore: Abbà, Padre!”


Buongiorno a tutti e a tutte.

A nome della Comunità di Bose, dei fratelli e delle sorelle, rivolgo il mio saluto e il mio benvenuto a tutti i partecipanti al XXVII convegno internazionale di spiritualità ortodossa dedicato al tema della vocazione alla vita in Cristo. E mi permetto di sottolineare, accennandolo appena, un solo aspetto, un aspetto certamente parziale ma essenziale della “vita in Cristo” ponendolo in stretto rapporto con la dimensione ecumenica.

Ovvero, come la chiamò il grande ecumenista domenicano Jean-Marie R. Tillard, “la dimensione interiore della comunione”. Dimensione interiore della comunione ecclesiale, intra-ecclesiale e inter-ecclesiale, cioè all’interno di una chiesa e tra le diverse chiese. La vocazione cristiana, la vocazione battesimale è al tempo stesso personale ed ecclesiale, e tanto il Nuovo Testamento quanto i Padri d’Oriente e d’Occidente rivelano che l’interiorità cristiana è incomprensibile se non la si colloca al cuore della vasta realtà della comunione, ecclesiale e storica, anzi, solo allora viene liberata da possibili derive individualistiche e intimistiche. E, al tempo stesso, anche la comunione diventa incomprensibile se non la si fonda nell’interiorità dei cuori dei singoli credenti, anzi, solo allora viene liberata dal rischio dell’ipocrisia e delle possibili derive burocratiche e organizzative.

Questa dimensione integrale della comunione - personale, ecclesiale e storica - è ben attestata a livello neotestamentario in particolare dalla letteratura giovannea, ma anche da testi paolini o di scuola paolina, come la lettera agli Efesini. A me non spetta fare relazioni, ma solo augurare a tutti un lavoro fecondo, e sarà fecondo se sarà lavoro di ascolto reciproco, ascolto di ciascuno singolarmente, di ciò che brucia nel cuore di ciascuno, e ascolto dell’altra chiesa; se sarà lavoro di rispetto reciproco e di dialogo sereno tra i singoli e tra le chiese. Allora sarà lavoro che edifica la comunione tra di noi fondandola in Cristo.

Ogni fratello e ogni sorella della Comunità di Bose si pone a servizio di quest’opera di comunione, ciascuno svolgendo le mansioni proprie che gli sono state affidate, da quelle più visibili e che li pongono maggiormente in contatto con voi, come quelle più invisibili, ma pure importanti, anzi, essenziali, fondamentali.

A tutti quanti, dunque, l’augurio di buon lavoro.

Voci ortodosse al monastero di Bose - L'Osservatore Romano - 7 settembre 2019 (2)

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Si è concluso oggi, venerdì 6 settembre, al monastero di Bose il XXVII Convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa, dedicato al tema «Chiamati alla vita in Cristo». Pubblichiamo stralci dei discorsi pronunciati dal metropolita di Volokolamsk, Hilarion (Alfeyev), presidente del Dipartimento per le relazioni esterne del patriarcato di Mosca, intitolato «La vita in Cristo», e dall’archimandrita del Trono ecumenico, Athenagoras (Fasiolo), rettore del monastero di Santa Barbara megalomartire a Montaner di Sarmede, su «La vocazione di una comunità cristiana».

L’apologo della camicia della felicità - Il Dubbio - 14 settembre 2019

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di SERGIO VALZANIA

Il mondo dell’ortodossia soffre di gravi tensioni interne a causa della questione ucraina. Il Patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo I, ha infatti riconosciuto la chiesa autocefala, e quindi indipendente, di Kiev, mentre quello di Mosca, Kiril I, non lo ha fatto, pretendendo di mantenere la sua autorità religiosa sui fedeli ortodossi dello stato da poco divenuto indipendente. Quando ci sono situazioni di disaccordo, anche profondo come in questo caso, è importante continuare a comunicare, mantenere aperti dei canali per parlarsi e ascoltarsi reciprocamente. Spazi e occasioni di dialogo, confronto, scambio divengono preziosi. È stato il caso nei giorni scorsi del Monastero di Bose dove due personalità ai vertici delle gerarchie moscovita e costantinopolitana, gli arcivescovi Hilarion di Volokolamsk e Job di Telmessos, si sono salutati con un abbraccio caloroso davanti a una platea di monaci, prelati, cultori, esperti e appassionati dell’ortodossia. Una dimostrazione di affetto inter- ecclesiale che lascia immaginare colloqui riservati in questa sorta di terra di nessuno nelle Prealpi biellesi. All’inizio di settembre si è svolto infatti a Bose il XXVII Convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa, sul tema “Chiamati alla vita in Cristo, nella chiesa, nel mondo, nel tempo presente”.

L’incontro organizzato dal monastero è un appuntamento importante, cui prendono parte esponenti delle gerarchie di tutte le Chiese e studiosi di tutto il mondo. Oltre ai vertici dei patriarcati di Costantinapoli e Mosca erano presenti i rappresentanti di quelli patriarca di Alessandria, di Georgia e di Antiochia, delle Chiese ortodosse ucraina, serba, bulgara e romena, di quelle di Grecia e di Albania. C’erano poi rappresentanze della Chiesa ortodossa in America, della Chiesa copta ortodossa e della Chiesa Apostolica Armena. Come ormai tradizione, l’ospitalità offerta ai partecipanti al convegno non ha intaccato i ritmi della vita del monastero: ogni giorno i tre momenti della preghiera collettiva sono stati rispettati, nel rigore ferreo dei loro orari. Secondo Enzo Bianchi, fondatore del monastero di Bose e presidente del comitato scientifico, che ha tenuto la prolusione al convegno «nell’ebraismo e nel cristianesimo la lettura della storia dell’umanità si manifesta come testimonianza di ripetute vocazioni e chiamate da parte di Dio».

Queste convocazioni appartengono a tre livelli. Il primo è quello della “chiamata cosmica”, riferita all’intera creazione. Al secondo livello appartiene la “chiamata umana”: «E’ chiamata alla vita, una vita conforme all’immagine di Dio». Sul gradino ulteriore si trova la “chiamata cristiana”, che non è altra, ma si innesta «sul cammino di umanizzazione in cui si è capaci di ascoltare la voce della coscienza» . Si tratta della convocazione a vivere in Cristo, a essere conformi a Lui, il vero e definitivo Adamo. In questo contesto trovano il loro pieno significato le parole di san Paolo “Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me”. Aperto in questi termini, il convegno si è sviluppato affrontando molti temi caldi della riflessione teologica ed ecclesiologica contemporanea. Si è parlato dell’annosa e nodale questione dell’intercomunione, della possibilità cioè per i fedeli cattolici e ortodossi di accostarsi all’eucarestia celebrata con il diverso rito, facoltà accordata dalla gerarchia dei primi, ma negata da quella dei secondi. Sono gli ortodossi statunitensi a chiedere con maggior forza un’apertura in questa direzione. Poi la questione femminile, che si allarga a quella del genere e della sessualità in tutti i suoi aspetti. L’arcivescovo rumeno Andrei di Cluj, nel suo intervento dedicato al “Senso della speranza cristiana” ha raccontato un apologo. Il figlio dell’imperatore è ammalato e i medici di corte sostengono che può guarire solo indossando la camicia di un uomo felice.

Subito vengono mandati emissari in tutto l’impero perché procurino questo prezioso oggetto. La ricerca si rivela difficile: principi, commercianti, studiosi, monaci, alti prelati, banchieri, artisti, possidenti terrieri, una volta interrogati ammettono tutti di non essere felici e di non possedere quindi la camicia terapeutica. Un giorno, uno degli incaricati della ricerca sente un canto che gli pare particolarmente allegro provenire da un fitto bosco. Si inoltra tra gli alberi e scorge un taglialegna, a torso nudo, che sta abbattendo una pianta gigantesca. Decide di avvicinarsi e chiedere la ragione di tanta allegria. Il taglialegna risponde: «Canto perché sono felice: ho una moglie che mi vuol bene, bei figli, una capanna pulita, adesso abbatto questo albero, vendo la legna e così avremo tutti da mangiare per il prossimo mese». Convinto dalla risposta il messo si offre di acquistare la camicia del taglialegna felice, ma quest’ultimo confessa di non averne mai avuta una in tutta la sua vita. La felicità non si può comperare, in nessuna forma. Non si può tralasciare infine la suggestione offerta dal newyorkese, Peter Bouteneff, che trattando dell’ “Esperienza del perdono” ha considerato la possibilità che per i cristiani il perdono non sia un evento unidirezionale, che procede solo da Dio verso l’uomo, ma rappresenti piuttosto una modalità di incontro e di riconoscimento reciproco.

Convincenti testimoni del Vangelo - L'Osservatore Romano - 5 settembre 2019

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Un incoraggiamento «ad approfondire i tesori spirituali che accomunano cattolici e ortodossi, per essere convincenti testimoni del Vangelo della vita e donare speranza all’umanità in ricerca di risposte autentiche» è stato rivolto da Papa Francesco agli organizzatori e ai partecipanti al ventisettesimo Convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa che si è aperto a Bose la mattina di mercoledì 4 settembre con la prolusione del fondatore della comunità, di cui pubblichiamo ampi stralci. L’incoraggiamento è contenuto in un telegramma a firma del cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, attraverso il quale il Santo Padre «assicura un orante ricordo ed invia la benedizione apostolica».

All’appuntamento, che si concluderà venerdì 6 settembre, sul tema «Chiamati alla vita in Cristo», prendono parte numerose delegazioni delle Chiese cristiane le cui relazioni offrono un’importante occasione di riflessione sulle scelte fondamentali dell’esistenza.

Numerosi anche i messaggi e gli attestati di stima inviati agli organizzatori. «Il tema della “Vita in Cristo” — scrive il patriarca ecumenico Bartolomeo — è, davvero, di centrale importanza nella spiritualità ortodossa. Poiché spiritualità significa vita nello Spirito santo, donatoci da Cristo nei sacramenti, un’esperienza genuina della spiritualità è dunque vissuta nel seno della Chiesa. Per questo motivo — continua Bartolomeo — dobbiamo essere in comunione con la Chiesa e lavorare per l’unità dei cristiani ovunque, per essere continuamente nutriti dall’indivisa unità del Corpo di Cristo». Il patriarca ecumenico, inoltre, esprime gratitudine alla comunità monastica di Bose «per i suoi infaticabili sforzi nel promuovere i ricchi tesori della spiritualità ortodossa e per i suoi contributi in vista di coltivare uno spirito ecumenico».

Anche Hilarion, metropolita di Volokolamsk e presidente del Dipartimento per le relazioni esterne del patriarcato di Mosca, nel suo messaggio sottolinea la necessità di unire gli sforzi di cattolici e ortodossi nell’annuncio del Vangelo della salvezza. «L’appello al rinnovamento della vita del mondo in Cristo Gesù — scrive — non perde mai la sua attualità, ma in alcuni periodi storici diventa particolarmente necessario. A questi tempi appartiene anche il nostro: tempo delle divisioni tra i cristiani, dei conflitti tra le nazioni, dell’acuta ingiustizia sociale e della crisi ecologica globale».

Sull’importanza dell’unità dei cristiani si è soffermato il primate della Comunione anglicana e arcivescovo di Canterbury, Justin Welby. «Se siamo uniti nella nostra professione di fede nel Signore Gesù Cristo — si legge nel testo inviato agli organizzatori — allora egli ci chiama a essere pellegrini insieme, per imparare l’uno dall’altro e per cercare insieme di crescere nella santità e nel servizio al mondo». Mentre il patriarca di Antiochia e di tutto l’Oriente, Youhanna x, sottolinea nel suo messaggio quanto sia importante la fede in Cristo: «Quanto più la fede di un credente è forte e la sua imitazione dell’esempio dell’amore di Cristo è radicale, tanto più la sua risposta alla chiamata di Dio sarà profonda a tal punto da produrre cambiamenti radicali nelle priorità di scelta, nei modi di vita e di interagire con il prossimo».

Il segretario generale del World Council of Churches (Wcc), Olav Fykse Tveit, ha messo in evidenza il contributo ecumenico offerto dalla comunità di Bose. «Il monastero permane come una vera fiaccola ecumenica con il suo impegno e i suoi contributi, come evidenziano le forti relazioni e amicizie della comunità con il Wcc e i suoi membri. La spiritualità ortodossa sperimentata e vissuta in questo monastero — conclude Tveit — non può essere separata dalla sua condivisione continua al di là dei muri e delle frontiere confessionali. La vita è comunione: comunione con gli altri e con Dio».

Chiamati alla vita in Cristo - L'Osservatore Romano - 4 settembre 2019

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«Chiamati alla vita di Cristo» è il tema del ventisettesimo convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa che si svolgerà dal 4 al 6 settembre, organizzato in collaborazione con le Chiese ortodosse, presso il monastero di Bose. In una fase di disorientamento e crisi, a livello culturale, politico e sociale, il convegno — si legge in un comunicato — si propone di esplorare le radici della vocazione di ogni persona a una vita pienamente sensata e in relazione con gli altri.

Aprirà i lavori la prolusione di Enzo Bianchi, fondatore del monastero di Bose e presidente del comitato scientifico, sul senso della vocazione umana e cristiana. Saranno presenti, tra gli altri, l’arcivescovo Jos di Telmessos e l’archimandrita Athenagoras Fasiolo in rappresentanza del patriarca ecumenico di Costantinopoli, la delegazione del patriarcato di Mosca, composta da Hilarion, presidente del dipartimento per le relazioni esterne, dall’igumeno Arsenij Sokolov e da padre Aleksej Dikarev. Inoltre, è prevista la presenza di una delegazione del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani.

Le chiese ortodosse si incontrano a Bose - Il Dubbio - 3 settembre 2019

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di Sergio Valzania

Dal 4 al 6 settembre si svolgerà presso il Monastero di Bose, nelle prealpi biellesi, il XXVII Convegno Internazionale di Spiritualità Ortodossa, in collaborazione con le Chiese Ortodosse, tutte, da quelle di Grecia, a quella moscovita, a quella statunitense. Il tema di questa edizione dell'incontro è "Chiamati alla Vita in Cristo, nella Chiesa, nel mondo, nel tempo presente".

L'elenco dei partecipanti e dei relatori conferma il livello della manifestazione, che ha continuato senza interruzione a crescere di importanza e di capacità di attrazione a partire dalla sua nascita, nel 1993 quando la sua prima edizione fu dedicata a San Sergio di Radonez, che si pone all'inizio della storia nazionale russa e della spiritualità che connota la ' Santa Russia". Per citare solo alcuni dei relatori convocati dal comitato scientifico guidato da Enzo Bianchi, interverranno fra gli! altri il vescovo Hilarion di Volokolamsk, Mosca, sul tema "La vita in Cristo, La vocazione monastica nella chiesa greca oggi", il vescovo Nektarios di Argolide, Nauplia, su "Vocazione cristiana e vita della polis", Aristotle Papanikolau da New York su "Le mie parole sulla tua bocca" ( Ger 1,9) e Arsenij Sikolov da Damasco su "Vocazione e profezia?".

L'occasione è importante sia sul piano interortodosso che su quello ecumenico. Le Chiese ortodosse hanno la caratteristica dell'autocefalia, ossia dell'assenza di una struttura gerarchica simile a quella della Chiesa cattolica, che riconosce al proprio vertice il pontefice, al quale sono attributi vasti poteri sia in ambito gestionale, che teologico e pastorale. Le Chiese ortodosse hanno acquisito l'autonomia nel corso della storia, a cominciare da quella russa, e conferiscono ai propri patriarchi prestigio e autorevolezza, ma poteri limitati, in particolare per ! quanto riguarda la nomina dei vescovi, effettuata dai sinodi di ciascuna Chiesa. Questa organizzazione produce una certa complessità nei rapporti fra le Chiese e rende preziose le poche occasioni di incontro e di scambio, in un terreno che si potrebbe definire neutrale, come quella ormai consolidata di Bose.

Per il medesimo insieme di motivazioni il convegno rappresenta anche un momento privilegiato per quanti, sia con precise funzioni ecclesiali sia per interessi e curiosità personali, vogliono avvicinarsi all'esperienza dell'ortodossia e approfondirne la conoscenza. Non si tratta affatto di una ricerca riferita a un fenomeno lontano, come avrebbe potuto essere nel secolo scorso. La caduta della cortina di ferro e l'allargamento della Ue han! no infatti innescato una forte mobilità di persone dal centro Europa all'Italia che ha portato l'ortodossia ad essere la pratica religiosa più diffusa nel nostro paese dopo quella cattolica. Parrocchie ortodosse sono nate in tutta Italia, con il sostegno dell'episcopato cattolico, attraverso la cessione dell'uso di edifici religiosi e altre facilitazioni logistiche, in un ecumenismo di accoglienza che da teorico si è fatto pratica quotidiana.
Del resto l'incontro tra le Chiese cristiane ha una natura innegabile di produttività su tutti i piani, con in testa quello spirituale. Sono molteplici gli ambiti nei quali la riflessione ortodossa risulta preziosa per i cattolici, e non è un caso che essa si sviluppi in un ambito monastico, contesto nel quale la grande esperienza del Monte Athos rimane di esempio per l'intera cristianità.

Il tema del convegno di quest'anno, "Chiamati alla Vita in Cristo, nella Chiesa, nel mondo, nel tempo presente", dà testimonianza di quanto sia fertile il terreno della riflessione ortodossa per il pensiero cattolico. L'occidente vive infatti con dolore e senso di impotenza la frattura che si è aperta tra esperienza religiosa e quotidianità, fino a relegare la prima in spazi dedicati e circoscritti, negando in questo modo la pienezza della chiamata di Cristo, espellendola dal qui e oggi alla quale invece essa si riferisce con ogni evidenza.

Scisma, prove di dialogo - La Repubblica - 2 settembre 2019

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di Alberto Melloni

Da mercoledì 4 settembre a venerdì 6 si terrà presso il monastero di Bose (Magnano, Biella) un convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa intitolato "Chiamati alla vita di Cristo". L'evento è aperto a tutti. Aprirà le giornate di discussione il fondatore Enzo Bianchi. Il programma dettagliato sul sito del monastero www.monasterodibose.it 


Lo scisma fra le chiese è il lento aprirsi di un abisso. Ha un lato dal quale si scende giù nella tragedia e nello scandalo di cristiani che si accusano secondo stilemi imperituri, noiosi e dunque diabolici. E poi ha un lato da cui si risale verso l'unità, arrampicandosi su pareti impossibili, fra le rocce taglienti dei torti e delle ragioni, fidando solo della grazia. L'ortodossia oggi vive nell'abisso dello scisma fra Mosca (che ha cancellato unilateralmente il nome del patriarca ecumenico dai dittici) e Costantinopoli. Poco ne cale a tanti, ma è la cosa più grave capitata al cristianesimo in mille anni.

Adombrato nella incomprensibile decisione russa di disertare il concilio di Creta del 2016, sottovalutato dall'indecisione di Putin che proprio per la configurazione politico-spirituale della sua chiesa avrebbe avuto il dovere d'impedirlo, incendiato dalla decisione di Costantinopoli di dare un esarcato indipendente all'Ucraina, accelerato dall'incontro fra Kyrill (patriarca di Mosca) e Bartholomeos (Costantinopoli) di un anno fa - quello che c'è oggi è lo scisma.

Che riverbera su tutti, incluso il Papa, che non ha piena comunione con l'ortodossia, ma è animato da un ardore di unità che ha portato al punto massimo la fraternità con Bartholomeos e ha permesso gesti audaci come l'incontro con il patriarca Kyrill nell'esotico contesto di Cuba, e che oggi nella disgrazia ha un supplemento di responsabilità ecumenica.

Negli ultimi decenni la comunione s'è rotta altre volte a Oriente. Capitò nel 1996 per la chiesa Estone, ed ancora oggi Antiochia e Gerusalemme sono in conflitto. Ma qui non è una battaglia di giurisdizioni. E una spaccatura che attraversa aree piene di bombe atomiche e di storia; che mette in discussione la fisionomia dell'ortodossia, che non può essere disegnata contando i fedeli, i soldi e le armi benedette (in russo e in ucraino).

La ineguagliabile testimonianza resa dall'Oriente ortodosso, sfiorato dal potere o soggetta alla turcocrazia e alla sovietocrazia, è stata quella di mostrare a tutte le chiese il primato della vita spirituale. Nutrita di sola liturgia, alimentata solo di patristica, priva di progresso teologico, ma per questo capace di offrire quella densità di vita interiore senza il quale il cristianesimo diventa fervorino, devozionalismo integrista, ideologia morbosa della rigidità: il tutto spacciato per "dottrina".

E questo tesoro spirituale che lo scisma rende inattingibile. Risalire l'abisso tragico della divisione richiede una fatica in capo ai protagonisti dello scisma, si sentano colpevoli e innocenti. Gli altri cristiani possono favorire questo cammino solo se lo hanno già iniziato prima.

Ed è in questa condizione il monastero di Bose che da 27 anni organizza un convegno di spiritualità ortodossa dove russi e greci si possono incontrare. Anche quello del 2019 (dal 4 al 6 settembre) rispetta la struttura creata da Enzo Bianchi: un focus che esclude la storia e privilegia la riflessione patristica affidata ad autorità ecclesiastiche, a teologi e a monaci. Il tema di quest'anno è la "Chiamati alla vita in Cristo": e dunque la vocazione monastica, coniugale perfino accademica. Ma è la vocazione delle chiese il superamento della divisione - questione che costituisce l'origine e il cuore di Bose -il vero nodo. Percepire lo scisma come scandalo, intuire il nesso fra la disunione cristiana il male che flagella uomini e cose, rinunciare alla ipocrisia che scambia la cortesia per unità: questo è il frutto della chiamata con cui i "servi inutili" preparano una comunione che, fosse anche l'ultimo giorno, verrà e che con la sua attesa muove la storia.