Amare la comunità significa anche riconoscere e amare quel corpo comunitario che non equivale alla somma dei singoli, ma la supera ampiamente, essendo l’alveo dell’azione del Signore la cui potenza ed eloquenza vanno infinitamente oltre la somma delle capacità di ciascuno…
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Il comando di amare i fratelli, la comunità è un appello insistito, ripetuto, quasi accorato, memore del fatto che il grande rischio, la vera catastrofe di una vita cristiana è il raffreddarsi e il venir meno dell’amore reciproco (cf. Mt 24,12)
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Entrando in comunità scopriamo per prima cosa la solitudine, ma al tempo stesso scopriamo anche che non siamo più soli grazie alla comunione di chi prima di noi ha camminato sulla via monastica e grazie ai concreti fratelli e sorelle che sono legati in alleanza con noi.
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L’ascolto della parola di Dio, nella liturgia, nella lectio comunitaria, ma particolarmente nella lectio divina personale in cella, è forma quotidiana di sequela di Cristo. Cristo non lo si segue solo nella vita comune e nel celibato, con il servizio fraterno, con la carità, con l’obbedienza, con il lavoro, con l’ospitalità, ma anzitutto con l’assiduità con la parola di Dio che ci dona conoscenza di Cristo e discernimento.
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