26 marzo

Giovanni di Dalyatha (VII-VIII sec.)
monaco

La quarta domenica di quaresima la Chiesa assira fa memoria di Giovanni di Dalyatha, mistico tra i più grandi della storia cristiana.
Giovanni, chiamato anche Saba o il «Vegliardo», nacque nella seconda metà del VII secolo nel villaggio di Ardamust, a nord-ovest di Mossul. Egli fu iniziato allo studio delle Scritture nella scuola del suo villaggio, quindi frequentò il monastero di Apnimaran e, intorno all'anno 700, divenne monaco nel monastero di Mar Yozadaq. Dopo sette anni, si ritirò in solitudine sulla montagna di Dalyatha, forse nei pressi dell'Ararat, e da essa prese il nome.
Negli anni di solitudine, Giovanni approfondì la propria vita spirituale e si esercitò nell'arte della contemplazione, imparando a discernere l'intimo legame tra la creazione e il Creatore, e alimentando il proprio spirito grazie all'incontro quotidiano con la natura e i suoi simboli. Malgrado la lontananza dai suoi simili, egli non perse mai quei tratti di profonda umanità che caratterizzeranno tutti i suoi insegnamenti.
Raggiunto da alcuni discepoli, Giovanni mise per iscritto i frutti della sua profonda esperienza interiore. Influenzato dalle opere di Evagrio, di Macario, di Dionigi Areopagita e di Gregorio di Nissa, egli sottolineò tuttavia in modo ancor più radicale rispetto ai suoi maestri come il grado più elevato della vita cristiana sia quello della carità e dell'amore.
Giovanni morì in una data imprecisata, in quella solitudine in cui più che a fuggire il mondo aveva imparato ad amare ogni creatura.


TRACCE DI LETTURA

I miei occhi sono stati bruciati dalla tua bellezza
ed è stata divelta davanti a me la terra sulla quale avanzavo;
la mia intelligenza è stupita per la meraviglia che è in te
e io, ormai, mi riconosco come uno che non è.
Una fiamma si è accesa nelle mie ossa
e ruscelli sono sgorgati per bagnare l'intera mia carne,
perché non si consumi.
O fornace purificatrice,
nella quale l'Artefice ha mondato la sua creatura!
O abito di luce, che ci hai spogliati della nostra volontà
perché ce ne rivestissimo, ora, nel fuoco!
Signore, lasciami dare ai tuoi figli ciò che è santo,
non è ai cani che lo do.
Gloria a te! Come sono mirabili i tuoi pensieri!
Beati coloro che ti amano,
perché risplendono per la tua bellezza
e tu dai loro in dono te stesso.
Questa è la resurrezione anticipata
di coloro che sono morti in Cristo.
(Giovanni di Dalyatha, Lettere)


LE CHIESE RICORDANO...

ANGLICANI:
Harriet Monsell di Clewer (+ 1883), fondatrice della comunità di San Giovanni Battista

COPTI ED ETIOPICI (17 baramhāt/maggābit):
Lazzaro, amico di Gesù (Chiesa copto-ortodossa)

LUTERANI:
Ludgero (+ 809), evangelizzatore e vescovo in Vestfalia
Karl Schlau (+ 1919), testimone fino al sangue in Lettonia

MARONITI:
Gabriele, arcangelo

ORTODOSSI E GRECO-CATTOLICI:
Sinassi dell'arcangelo Gabriele
Montano e Massima di Sirmio (+ 304 ca), martiri (Chiesa romena)

SIRO-ORIENTALI:
Giovanni di Dalyatha, monaco (Chiesa caldea e assira)

27 marzo

al-Ḥallāğ (+ 922)
giusto tra le genti

All'alba del 27 marzo 922, muore decapitato il maestro sufi al-Ḥallāğ , dopo una notte intera passata in agonia su di un patibolo a forma di croce. Nativo del villaggio persiano di Tūr, Hūsayn ibn Mansūr al-Ḥallāğ era stato educato da giovane nelle scuole coraniche e sufi della sua terra.
Uomo di temperamento forte, al-Ḥallāğ decise di rompere ogni legame col proprio passato per darsi alla predicazione itinerante di una Verità che, pur non posseduta, lo accompagnava ormai come un tormento. Dopo diverse peregrinazioni attraverso l'oriente, al-Ḥallāğ si stabilì a Baghdad e decise di iniziare un pellegrinaggio interiore nel proprio cuore, vera dimora di Dio. La sua identificazione amorosa con l'Amato, meta di ogni sufi, lo portò a formulare insegnamenti ritenuti fortemente sovversivi, fino alla celebre affermazione: «Io sono la Verità», con la quale, lungi dal proclamarsi l'incarnazione di Allāh, egli voleva semplicemente ricordare che solo chi fa totalmente spazio in sé all'Altro può giungere a proclamare l'unità divina e il nome ineffabile di Dio. Ma il suo invito al pellegrinaggio interiore fu inteso come una condanna del pellegrinaggio alla Mecca, pilastro della religione islamica, e al-Ḥallāğ fu condannato a morte.
Nella sua Passione, narrata in modo straordinario dai suoi discepoli, egli poteva così consumare la propria ricerca di Dio, facendo totalmente spazio nella propria vita alla presenza divina nel sacrificio di sè per amore. Come hanno giustamente rilevato alcuni maestri cristiani del nostro tempo, la memoria di al-Ḥallāğ e della sua passione d'amore per l'Unico è uno dei messaggi antidolatrici più forti che la storia delle religioni abbia offerto all'intera umanità.


TRACCE DI LETTURA

Ti fa posto il mio cuore tutto intero,
lì non c'è spazio per cosa creata.
Tra la pelle e le ossa Ti trattengo,
che ne sarà di me se mai Ti perdo?

Il Tuo Spirito s'è impastato col mio,
come l'ambra col muschio odoroso.
Se qualcosa Ti tocca, mi tocca:
non c'è più differenza, perché Tu sei me.

I pellegrini vanno alla Mecca, e io da Chi abita in me,
vittime offrono quelli, io offro il mio sangue e la vita.
C'è chi gira attorno al Suo tempio senza farlo col corpo,
perché gira attorno a Dio stesso, che dal rito lo scioglie.

Ho visto il mio Signore con l'occhio del mio cuore,
Gli ho chiesto: «Chi sei?», m'ha detto: «Tu!».
Il Tuo «dove» non appartiene al «dove»,
ché in Te nessun «dove» esiste.
Né c'è un'immagine da immaginare
che ci faccia scoprir dove Tu sei.
Tu sei Colui che contiene ogni «dove»
fino al «non-dove»: e dove mai sei Tu?
Nel mio estinguermi s'estingue l'estinzione
e nella mia estinzione T'ho trovato
(al-Ḥallāğ , Dīwān)


LE CHIESE RICORDANO...

COPTI ED ETIOPICI (18 baramhāt/maggābit):
Isidoro di Pelusio (+ 433 ca), martire (Chiesa copta)

LUTERANI:
Meister Eckhart (+ 1327), mistico a Strasburgo e a Colonia

MARONITI:
Matrona di Tessalonica (IV sec.), martire

ORTODOSSI E GRECO-CATTOLICI:
Matrona di Tessalonica, martire

28 marzo

LE CHIESE RICORDANO...

COPTI ED ETIOPICI (19 baramhāt/maggābit):
Aristobulo (I sec.), uno dei 70 discepoli (Chiesa copta)

LUTERANI:
Ruperto (+ 718), evangelizzatore e vescovo a Salisburgo

MARONITI:
Fileto il Senatore (II sec.), martire

ORTODOSSI E GRECO-CATTOLICI:
Ilarione di Pelecete (+ 754), igumeno e confessore
Bojan «Enravota» (IX sec.), martire (Chiesa bulgara)
Stefano il Taumaturgo (IX sec.), monaco e confessore (Chiesa melkita)

29 marzo

LE CHIESE RICORDANO...

COPTI ED ETIOPICI (20 baramhāt/maggābit):
Michele III (+ 899 ca), 56° patriarca di Alessandria (Chiesa copto-ortodossa)

LUTERANI:
Hans Nielsen Hauge (+ 1824), testimone della fede in Norvegia

MARONITI:
Marco, vescovo, e Cirillo (+ 364 ca), diacono, martiri

ORTODOSSI E GRECO-CATTOLICI:
Marco, vescovo di Aretusa, Cirillo, diacono di Eliopoli, e compagni, martiri
Giona, Barachisio e compagni di Persia (+ 327 ca), martiri
Pimen Salos, monaco, e Antonio Meschi (XIII sec.) C(hiesa georgiana)

30 marzo

Giovanni Climaco (+ 649 ca)
monaco

Le chiese ortodosse fanno oggi memoria di Giovanni il Sinaita, detto «Climaco».
Poco si sa della vita di questo monaco vissuto tra il VI e il VII secolo. Gli agiografi raccontano che attorno all'età di sedici anni si recò al monastero di Raithu, ai piedi del Sinai, dove Dio aveva rivelato il proprio Nome a Mosè, attratto dalla fama dei monaci del luogo.
Dopo vent'anni trascorsi nella comunità, Giovanni ne visse altrettanti in solitudine. Eletto igumeno del monastero del Sinai quando aveva sessant'anni, egli compose per i suoi discepoli una delle più celebri opere della spiritualità cristiana: la Scala del paradiso, che gli varrà lo pseudonimo di Climaco (da klîmax, «scala»). In essa, Giovanni descrive i gradini che il monaco deve ascendere per giungere all'incontro con Dio, aggiungendo via via, secondo le sue stesse parole, «giorno dopo giorno, fuoco al fuoco e desiderio al desiderio». Il monaco, per il grande maestro sinaita, è un uomo che deve tendere all'hesychía, alla quiete dell'anima, mediante la lotta contro i pensieri malvagi, che si combattono praticando le virtù ad essi contrarie.
Climaco morì verso il 649, e presso gli ortodossi è celebrato solennemente anche la quarta domenica di quaresima.


TRACCE DI LETTURA

La mitezza è lo stato costante dello spirito sempre uguale a se stesso dinanzi agli onori come dinanzi agli insulti. Sicché essa significa pure pregare per il prossimo che ti turba, in tutta tranquillità e serenità. Mitezza perciò vuol dire anche solidità nella pazienza e capacita di amare, in quanto essa è madre di carità, prova di discernimento spirituale. Il Signore, come sta scritto, «insegnerà ai miti le sue vie». La mitezza procura la remissione dei peccati nella preghiera fiduciosa. Essa è come terra disponibile per la fecondazione dello Spirito santo, come sta scritto: «Su chi volgerò lo sguardo, se non su un'anima mite e tranquilla?»
(Giovanni Climaco, La scala del paradiso 24,134)


PREGHIERA

O glorioso padre Giovanni,
purificando l'anima alla fonte delle lacrime,
ti sei levato in volo, o beato,
verso l'amore di Dio e la sua bellezza,
di cui ora giustamente godi senza fine,
nella gioia, insieme ai tuoi compagni di lotta.
Per la sua santa intercessione, o Dio,
abbi pietà di noi e salvaci.


LETTURE BIBLICHE
Ef 5,9-19; Mt 4,25-5,12


LE CHIESE RICORDANO...

COPTI ED ETIOPICI (21 baramhāt/maggābit):
Presenza del Salvatore a Betania (Chiesa copto-ortodossa)

LUTERANI:
Johannes Evangelista Goßner (+ 1858), teologo in Baviera e in Prussia

MARONITI:
Giovanni Climaco, monaco

ORTODOSSI E GRECO-CATTOLICI:
Giovanni Climaco, igumeno
Gabriele Mzire o il Minore (XVIII-XIX sec.), martire (Chiesa georgiana)