Là dove c’è amore!
Il Cristo che chiede di essere cercato tra i suoi amici è il medesimo che domanda di essere individuato là dove c’è amore, e il medesimo che alle sue piccole chiese dà l’appuntamento attorno alla mensa della Parola e del pane. “Il primo giorno della settimana … cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui … Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero” (Lc 24,1.27-35). Il Risorto vivente in un giorno preciso si accompagna ai due di Emmaus dagli occhi impediti a riconoscerlo, tristi e tardi di cuore e di mente: un fare strada insieme nel dialogo e nella spiegazione delle Scritture, un sostare insieme a tavola nel compimento del gesto dello spezzare il pane, incendiando il loro cuore e facendosi riconoscere per quello che è in verità.
È un racconto il cui ideale prolungamento è dato dalla celebrazione domenicale della cena del Signore, letta come il giorno dell’appuntamento da lui dato al “noi” ecclesiale pellegrinante nella storia. Racconto decisivo a riguardo del quando cercarlo. Nel giorno da lui stabilito, quello della resurrezione, a sottolineare che l’incontro è con un tu vincitore della morte. E a riguardo del dove cercarlo. Là ove lui ha stabilito e come lui ha stabilito di farsi incontrare, nella povertà dei segni: come Parola nascosta nel grembo di una pagina, come già nel grembo della Vergine, come dono nascosto in un pane che si spezza e si consegna in pasto … Per divenire finalmente a misura di lui: pane che si spezza per l’altro e che si dona in cibo all’altro, vino per la gioia dell’altro, un modo di essere che dice la verità di Cristo, di Dio e dell’uomo.
Attestazione del nostro essere veramente figli, veramente eredi, è il dono dello Spirito, apportatore di una fruttificazione in attesa della sua piena fioritura, suggeritore e garanzia che questo è solo il presente di un futuro ancora nascosto e atteso. L’uomo già figlio e già erede vedrà compiutamente se stesso e il suo destino quando il suo volto si specchierà occhio contro occhio in quello di Dio, e saranno una filialità e un destino che investiranno la stessa redenzione del corpo: “Aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso” (Fil 3,20-21). L’esistenza cristiana si muove pertanto tra un già di salvezza e un non ancora del suo pieno svelamento, che costituisce l’oggetto della speranza: quel compimento futuro non ancora visibile, un non visto atteso nella perseveranza, nell’attenzione a non scindere la croce dalla resurrezione e la resurrezione dalla croce, legando il gemito a una “speranza che non delude” (Rm5,5), uno sperare contro ogni speranza alla maniera di Abramo, oltre la disperazione (cf. 1Ts 4,13).