Aleksandr Igorevič Mramornov è nato il 14 marzo 1984 a Saratov. Dopo gli studi storici all’Università Statale di Mosca “Lomonosov”, dove nel 2008 ha conseguito il grado di candidato di scienze storiche, con una tesi sul Vescovo Ermogene (Dolganov) nella vita ecclesiastica e politica russa tra la fine del xix e l’inizio del xx secolo, è stato consulente del Dipartimento per le relazioni esterne della Chiesa del Patriarcato di Mosca (2009-2014). Nel 2011 il Patriarca di Mosca e tutte le Russie Kirill lo ha nominato membro del Comitato Editoriale Scientifico della pubblicazione dei documenti del Consiglio locale 1917-1918 presso il monastero stauropegio Novospasskij, e dal 2012 è il supervisore scientifico di questo progetto. Nel 2014 ha conseguito l’abilitazione alla libera docenza. Autore di oltre cento pubblicazioni scientifiche, tra cui diverse monografie, è stato insignito di numerosi premi, tra cui le Letture platoniche (2006), il premio del fondo internazionale “Znanie” (2008), il secondo premio del centro di studi di storia ecclesiastica “V. V. Bolotov” (2008) e il primo premio al concorso “Formazione teologica nel xxi secolo” dell’Accademia teologica di San Pietroburgo (2010).
I suoi interessi di ricerca spaziano dalla storia della Chiesa ortodossa russa e i rapporti chiesa-stato in Russia, al diritto canonico e la storia politica nella Russia moderna.
Discernere il tempo presente. Il Concilio di Mosca 1917-1918
SINTESI
All’epoca della convocazione del Grande Concilio di Mosca, nell’agosto 1917, i suoi iniziatori e membri agirono in una situazione di assoluta libertà: non c’era più una monarchia autocratica e i bolscevichi radicali non erano ancora al potere. Ciò permise, nel primo mese di lavoro, una riflessione comune assolutamente libera e un maggior ricorso ai canoni ecclesiastici e all’antica saggezza della Chiesa. Tuttavia, la radicalizzazione della società e l’avvento al potere dei bolscevichi posero i membri del concilio in una situazione completamente diversa: come interpretare l’avvento del bolscevismo? Come sviluppare la legislazione ecclesiastica in condizioni di persecuzione? Sottomettersi agli indubbi segni dell’ira di Dio o continuare a combattere ostinatamente per la verità? Nella sua relazione l’autore cercherà di rispondere a queste domande sulla base delle trascrizioni stenografiche dei dibattiti conciliari.
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Che cos’è un processo sinodale di discernimento?
Nato nel 1935 a Langolen (Francia), Hervé Legrand è entrato nell’ordine dei domenicani, ha compiuto studi teologici ed è stato ordinato presbitero, concentrando i suoi interessi e la sua attività soprattutto sull’ecumenismo e l’ecclesiologia. È professore onorario all’Institut catholique di Parigi, dove ha insegnato a lungo. Membro di numerose commissioni di dialogo ecumenico a livello nazionale e internazionale (in particolare con la Federazione luterana mondiale), è consultore del Consiglio delle conferenze episcopali europee e assessore dell’Accademia internazionale di scienze religiose. Tra le sue numerose pubblicazioni: Face à l’unité (avec Harding Meyer, 1986); Les Conférences épiscopales (avec Antonio Garcia y Garcia et Julio Manzanares, 1988); Les Évêques d’Europe et la nouvelle évangélisation (avec Carlo Maria Martini, 1991) ; Église et Société, 1998 ; Le Ministère des évêques au concile Vatican II et depuis (avec Christoph Theobald, 2001) ; L’Œuvre d’Orient (avec Giuseppe Maria Croce, 2010). È membro del comitato scientifico del Convegno internazionale di spiritualità ortodossa che si svolge ogni anno presso il monastero di Bose.
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Daniela Kalkandjieva, dopo gli studi in storia all’Università St Kliment Ohridiski a Sofia, ha conseguito un dottorato presso la Central European University in Ungheria con una tesi sugli aspetti ecclesiastico-politici dell’attività del patriarcato di Mosca. Attualmente è ricercatrice all’Università St Kliment Ohridiski. Oltre che di storia della chiesa in Russia, nel corso delle sue ricerche si è occupata della chiesa bulgara interessandosi in particolare del rapporto tra religione e sfera pubblica, di dialogo interconfessionale, dell’impatto dell’ortodossia sul processo di integrazione in Europa.
Tra le sue pubblicazioni: The Russian Orthodox Church, 1917-1948: From Decline to Resurrection, London: Routledge, 2015; Balgarskata pravoslavna tsarkva i ‘narodnata demokratsiya’, 1944-1953 [La chiesa ortodossa bulgara e la democrazia popolare, 1944-1953], Silistra 2002.
Discernere il tempo presente. Il metropolita Stefano di Sofia e la Chiesa ortodossa bulgara in un tempo di torbidi (1940-1944)
SINTESI
La Chiesa ortodossa bulgara affrontò una scelta difficile nei primi anni ‘40, quando lo stato bulgaro, alleato della Germania nazista, adottò una politica antiebraica. Che cosa significava amare il proprio prossimo” (bližen in bulgaro) in un periodo in cui l’ideologia nazista privava gli ebrei del diritto di essere trattati come esseri umani? A questo proposito, è opportuno ricordare che nelle lingue slave la parola “bližnij” non significa semplicemente “vicino” nello spazio, ma implica la condivisione di una visione del mondo; il principio dell’amore cristiano nei paesi slavi viene spesso letto attraverso il prisma della storia e dei costumi locali.
D’altra parte, la Chiesa ortodossa bulgara, o almeno molti dei suoi vescovi, chierici e laici erano inclini a sostenere la scelta del loro governo, perché l’alleanza con Hitler aveva reso possibile la realizzazione del sogno nazionale: la riunione di tutti i bulgari ortodossi entro i confini di un’entità politica simile alla cosiddetta Bulgaria di Santo Stefano, progettata per essere creata dopo la guerra russo-turca del 1877-78, sul cui territorio si sovrappose la giurisdizione dell’Esarcato bulgaro, istituito con decreto del sultano nel 1870, ma che non esistette mai nella realtà. In un primo tempo, l’adesione della Bulgaria alle potenze dell’Asse sembrò vantaggiosa: nel settembre 1940 il trattato di Craiova, firmato da Hitler e Stalin, restituì la Dobrugia meridionale alla Bulgaria, mentre nel maggio 1941 la Germania nazista concesse alle autorità bulgare di occupare aree significative della Macedonia e della Tracia sull’Egeo. Questa opportunità di trasformare il sogno di una Grande Bulgaria in realtà tentò anche i vescovi bulgari. Il Sinodo bulgaro estese la sua giurisdizione alle diocesi ortodosse nelle aree occupate della Macedonia e della Tracia. Nel 1942 il Sinodo propose addirittura una restaurazione della dignità patriarcale della Chiesa bulgara. Da questa prospettiva, si sarebbe potuto supporre che un tale forte impulso nazionalistico, motivato politicamente ed ecclesiologicamente, avrebbe portato la Chiesa bulgara a sostenere la politica antiebraica del suo governo. E tuttavia ciò non avvenne. L’impulso nazionalista non prese il sopravvento sull’episcopato bulgaro. Al contrario, il Santo Sinodo adottò molte decisioni e fece dichiarazioni aperte in difesa degli ebrei. Come poté avvenire? Che cosa spinse il Sinodo bulgaro ad opporsi all’antisemitismo? Quali fonti bibliche furono utilizzate per motivare la posizione della chiesa nella “questione ebraica”? Qual fu in particolare il ruolo del metropolita Stefan di Sofia? Sono alcune delle domande cui la relazione cercherà di dare risposta.
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Paul Gavrilyuk detiene la Cattedra aquinate in teologia e filosofia presso la University of St Thomas, in Minnesota. I suoi ambiti di ricerca sono soprattutto la patristica greca, la teologia ortodossa contemporanea e la filosofia della religione.
Tra le sue pubblicazioni ricordiamo la curatela del volume collettaneo sui sensi spirituali, nella sua evoluzione da Origene fino a Rahner e von Balthasar: The Spiritual Senses. Perceiving God in Western Christianity (2011); le monografie: The Suffering of the Impassible God. The Dialectics of Patristic Thought (2006); Georges Florovsky and the Russian Religious Renaissance (2013).
Il discernimento e i sensi spirituali in Origene
SINTESI
L’intervento si propone di esplorare la relazione tra discernimento e percezione spirituale. L’argomentazione si articola in quattro fasi. In primo luogo, viene introdotto il discernimento come pratica alla base della maggior parte delle pratiche cristiane. In secondo luogo, viene fatta una distinzione tra giudizio e percezione, e si sostiene che il discernimento coinvolge entrambi. Terzo, si introduce il concetto di percezione spirituale e sono brevemente discussi i modelli di tale percezione. Infine, attingendo alla Scala di Giovanni Climaco, si stabilisce una connessione tra discernimento e percezione spirituale.
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