La libertà di servire

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È tutta la persona a essere chiamata ad assumere in piena libertà il servizio all’altro. Il che significa che il servizio non lo si fa lamentandosi, che ad esso non ci si sottrae, ma che lo si fa nella gioia, la gioia di chi sa che sta cercando di amare un’altra persona, sta spendendosi per un altro, sta seguendo il Signore venuto per dare la vita per molti. Servire esige una grande attenzione agli altri.

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La sinodalità della vita

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Esiste una pratica, vitale nella chiesa e in ogni comunità monastica: la collegialità. Si tratta di una corresponsabilità che nella vita monastica si manifesta nei momenti sinodali per eccellenza come i consigli, ma che ha il suo luogo autentico nella vita quotidiana, trova la sua cartina di tornasole nelle relazioni fraterne. Perché anche le istituzioni sinodali sono a servizio della vita, della reale vita relazionale fraterna e comunionale che è il cuore di ogni comunità.

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La gioia di generare vita

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Accoglierci gli uni gli altri come un genitore accoglie un bambino è occupare l’ultimo posto e farsi servo di tutti. Ma la prospettiva non è di lamento per la fatica del servizio o per il peso che gli altri sono. La prospettiva è di gioia per il crescere di un’altra vita. Di amore e felicità per la vita che si trasmette.

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Appartenenza e formazione di sé

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L’appartenenza alla comunità non la si crea con legami di dipendenza, né con soggezioni psicologiche, né con riferimenti affettivi a un’unica persona, né delegando un altro a darci la vita che non troviamo in noi. È vitale una figura che accompagni, ma è anche importante apprendere l’arte di autoeducarsi, di fare di ogni occasione della vita, anche gli incidenti e le crisi, un possibile momento costruttivo, formativo.

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