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29 ottobre

LE CHIESE RICORDANO...

ANGLICANI:
James Hannington (+ 1885), vescovo dell'Africa equatoriale orientale, martire in Uganda

CATTOLICI D'OCCIDENTE:
Onorato di Vercelli (IV sec.), vescovo (calendario ambrosiano)

COPTI ED ETIOPICI (19 bābah/ṭeqemt):
Teofilo di al-Fayyūm e sua moglie (III-IV sec.), martiri (Chiesa copta)
Yemreḥanna Krestos (XII sec.), re (Chiesa etiopica)

LUTERANI:
Jean-Henry Dunant (+ 1910), fondatore della Croce Rossa in Svizzera

MARONITI:
Biagio (+ 316 ca), vescovo e martire

ORTODOSSI E GRECO-CATTOLICI:
Anastasia la Romana (+ 251 ca), osiomartire
Abramo di Edessa (IV sec.), monaco

30 ottobre

GIOVANNI COLOBOS (ca 339-409)
monaco

La Chiesa copta fa oggi memoria di Giovanni, monaco di Scete, detto Colobos, il « piccolo», a motivo della sua bassa statura. Di lui fu detto, in un breve apoftegma che ne sintetizza mirabilmente la figura spirituale: «Ma chi è questo abba Giovanni, che con la sua umiltà fa pendere dal suo dito mignolo tutta Scete?». Giovanni nacque attorno al 339 a Bahnasā, in Egitto, e si recò a Scete quando non aveva ancora diciott'anni. Alla scuola dei padri del deserto egli apprese anzitutto l'obbedienza, unica via salvifica per un cristiano. Fu proprio grazie all'obbedienza e alla sottomissione per amore di Dio e dei fratelli a ogni sorta di umiliazione che Giovanni divenne uno dei più grandi maestri di umiltà dell'antichità cristiana. Egli aveva infatti capito che alla radice dell'umiltà umana vi è l'umiltà di Dio, la forza del suo amore, che è irresistibile proprio perché lascia liberi e rende veramente liberi coloro ai quali si rivolge. All'età di 70 anni, Giovanni fu avvertito in sogno da Antonio, da Macario e dal suo padre spirituale Amoe che stava per morire. Mandato il suo discepolo a fare commissioni, egli si preparò da solo al faccia a faccia definitvo con quel Dio che aveva tanto colmato la sua vita. Di lui ci è pervenuta una lunga serie di Detti che sono un piccolo compendio di vita spirituale per il cristiano di ogni tempo.


TRACCE DI LETTURA

Raccontavano del padre Giovanni Colobos che, ritiratosi a Scete presso un anziano della Tebaide, visse nel deserto. Il suo abba, preso un legno secco, lo piantò e gli disse di innaffiarlo ogni giorno con un secchio d'acqua, finché non desse frutto. L'acqua era tanto lontana che doveva partire alla sera per essere di ritorno al mattino. Dopo tre anni il legno cominciò a vivere e a dare frutti. L'anziano li colse e li portò ai fratelli radunati insieme, dicendo: «Prendete, mangiate il frutto dell'obbedienza». Uno dei padri disse di lui: «Ma chi è questo abba Giovanni, che con la sua umiltà fa pendere dal suo dito mignolo tutta Scete?»
(Giovanni Colobos, Detti dei padri del deserto 1 e 36)


PREGHIERA

Sei divenuto un astro
che riluce sulla terra,o beato santo,
mio signore abba Giovanni.
Per la tua umiltà
e per la tua vita angelica
hai sospeso tutta Scete al tuo dito
come una goccia d'acqua
e hai dominato il tuo corpo
con faticosi esercizi,
finché sei giunto al giorno del giudizio.
Chiedi al Signore per noi,
o mio signore
abba Giovanni Colobos,
che ci rimetta i nostri peccati.


LETTURE BIBLICHE
2Tim 2,1-10; Gv 15,17-16,2


SCIUSCIANIK (+ 475)
martire

La Chiesa georgiana ricorda oggi il martirio della granduchessa Sciuscianik (Susanna), consumatosi il 17 ottobre del 475 dopo una lunga prigionia patita a motivo della sua fede cristiana.
La vicenda storica di Sciuscianik ci è giunta attraverso il mirabile racconto agiografico di Giacomo Chuzesi, confessore della santa, il più antico e forse il massimo scrittore religioso georgiano.
Sciuscianik era figlia dell'aristocratico armeno Vardan Mamikonyan, e fu data in moglie a Varsken, granduca di Karthli, nella Georgia orientale. La loro unione si incrinò quando Varsken si convertì allo zoroastrismo davanti al re persiano, probabilmente per ragioni di opportunità politica. Sciuscianik accusò di apostasia il marito, fu arrestata, imprigionata e sottoposta a pubbliche umiliazioni. Essa non volle alcuna agevolazione in carcere, e di fronte all'irremovibilità del marito, morì di digiuni e di mortificazioni dopo sei anni di sofferenze.
La data odierna è quella in cui Sciuscianik è ricordata nella Chiesa georgiana. La sua memoria è celebrata anche nella Chiesa armena il giovedì seguente la seconda domenica dopo l'Esaltazione della Croce.


TRACCE DI LETTURA

Quando entrai, la vidi coperta di sfregi e col viso gonfio. Le dissi: «Lascia che ti pulisca dal sangue che copre il tuo volto e dalla polvere che irrita i tuoi occhi, e che ti applichi unguenti e medicamenti, così che a Dio piacendo i tuoi dolori possano essere alleviati». Ma Sciuscianik mi disse: «Padre, non dire questo: il sangue che tu vedi è per la purificazione dei miei peccati». Allora alzai la voce e cominciai a piangere. Ma Sciuscianik mi disse: «Non piangere per come mi vedi: questa notte è stata per me l'inizio della gioia».
(G. Chuzesi, Passione di santa Sciuscianik )


LETTURE BIBLICHE
2Tim 2,1-10; Gv 15,17-16,2


LE CHIESE RICORDANO...

CATTOLICI D'OCCIDENTE:
Marcello di León (+ 298), martire (calendario mozarabico)

COPTI ED ETIOPICI (20 bābah/ṭeqemt):
Giovanni Colobos, monaco (Chiesa copta)
Eliseo (IX sec. a.C.), profeta (Chiesa etiopica)

LUTERANI:
Godescalco (+ 868), monaco e teologo in Francia
Jakob Sturm (+ 1553), borgomastro a Strasburgo

MARONITI:
Baruch (VII-VI sec. a.C.), profeta
Serapione (II-III sec.), patriarca di Antiochia

ORTODOSSI E GRECO-CATTOLICI:
Zenobio (+ 285), ieromartire, e Zenobia,sua sorella
Sciuscianik, martire
Giuseppe Giandieri (+ 1770), catholicos (Chiesa georgiana)

31 ottobre

RUEISS (ca 1334-1404)
testimone

La Chiesa copta ricorda oggi Rueiss, vagabondo di Dio e folle per Cristo. Nato attorno al 1334 in un villaggio del delta del Nilo da una famiglia di poveri contadini, fin da ragazzo il giovane Furayǧ dovette aiutare i genitori nel duro lavoro dei campi, aiutato da un piccolo cammello che egli chiamava Rueiss, «piccola testa». Allo scoppio di feroci persecuzioni contro i cristiani, il padre di Furayǧ rinnegò la fede. Il ragazzo fuggì, assunse il nomignolo che aveva dato al proprio cammello e visse da itinerante, nella povertà estrema e vagando per tutto l'Egitto. Per sfuggire alla stima che ovunque si attirava per la sua santità, Rueiss simulò la pazzia, si fece chiamare Tegi, «il matto», e cominciò a girare nudo e a rifiutarsi di parlare, anche quando veniva percosso e umiliato.
Uomo di grande preghiera, «contemplatore di Dio», Rueiss morì il 21 bābah del 1404, pari al 18 ottobre del calendario giuliano, e fu sepolto nella piccola chiesa di San Mercurio, nella località chiamata Dayr al-Handaq. Tale chiesina fu restaurata nel 1937, e attorno ad essa sono sorti l'Istituto superiore di studi copti, la nuova sede del Patriarcato copto e la nuova cattedrale del Cairo. L'insediamento è denominato, in memoria dell'amato folle per Cristo, « Anba Rueiss».
A sottolineare l'importanza che il santo riveste nella devozione popolare della chiesa, il nome di Rueiss è stato inserito nel canone della liturgia eucaristica copta.


TRACCE DI LETTURA

Il folle è una testimonianza vivente della verità che il regno di Cristo non è di questo mondo; attesta la realtà dell'«anti-mondo», la possibilità dell'impossibile. Pratica un'assoluta e volontaria povertà, identificandosi con il Cristo umiliato. Con le parole di Iulia di Beausobre, «Egli non è figlio di nessuno, fratello di nessuno, padre di nessuno, e non ha casa». Rinunciando alla vita di famiglia, è l'errabondo o il pellegrino che si sente ugualmente a casa dappertutto, ma non si stabilisce in alcun luogo. Vestito di stracci anche nel freddo dell'inverno, abituato a dormire in una capanna o sotto il portico di una chiesa, rinuncia non solo a ogni possesso materiale ma anche a ciò che nell'opinione degli altri è il suo equilibrio e la sua sanità mentale. Eppure, proprio per questo egli diventa un canale per la più alta sapienza dello Spirito.
(K.Ware, Dire Dio oggi )


PREGHIERA

Fosti veramente degno
di essere portato dagli angeli
nella Gerusalemme celeste,
o abba Tegi, contemplatore di Dio.
Per il gran numero di patimenti
subiti dal tuo corpo,
finché la tua anima
divenne tempio dello Spirito santo,
si diffuse il tuo santo nome
fino ai confini del territorio egiziano,
per i prodigi e le meraviglie
che Dio operò attraverso di te.
Prega il Signore per noi,
o padre nostro santo e giusto
abba Tegi, contemplatore di Dio,
affinché ci rimetta i nostri peccati.


MARTIN LUTERO, testimone
E LA RIFORMA PROTESTANTE (XVI sec. )

Martin Lutero nacque nel 1483 ad Eisleben, nella Sassonia, e fu educato alla scuola cattedrale di Magdeburgo e all'università di Erfurt. Divenuto monaco agostiniano, ricevette l'ordinazione presbiterale nel 1507, e divenne lettore all'università di Wittenberg.
Eletto superiore provinciale del suo Ordine, Lutero ebbe il compito di vigilare su di una dozzina di comunità agostiniane, e in tale veste si trovò sempre più a disagio di fronte alle deviazioni dal vangelo che si manifestavano un po' ovunque nella chiesa del suo tempo. Disgustato in particolare dal deplorevole commercio delle indulgenze, egli giunse gradatamente ad annunciare la dottrina a suo avviso centrale della fede cristiana, vale a dire la giustificazione del credente mediante la fede e non attraverso le opere. Trovando sostegno nella teologia delle lettere dell'apostolo Paolo e nel pensiero di Agostino, Lutero contestò pubblicamente, nel 1517, certe deviazioni ormai diffuse nella prassi ecclesiale del suo tempo, appendendo un elenco di 95 tesi alla porta della chiesa di Wittenberg. Sulla scia di altri riformatori che nei secoli precedenti avevano lottato per salvare il cuore del vangelo, pagando talora con la morte la loro ostinazione, Lutero dava di fatto inizio alla Riforma protestante. Egli non immaginava certo, in quel 31 ottobre del 1517, di dare vita nel giro di pochi anni a comunità ecclesiali separate dalla chiesa di Roma; le vicende storiche tuttavia fecero sì che si giungesse in breve tempo a una rottura insanabile tra cattolici e protestanti, che si definì progressivamente su diversi presupposti fondamentali della fede. Tale rottura che avrebbe iniziato a ricucirsi solamente nel XX secolo. La Riforma si diffuse rapidamente in una larga parte dell'Europa. Martin Lutero morì nel 1546, dopo aver influenzato in modo profondo il rinnovamento della chiesa, sia di quella protestante sia di quella cattolica, salvaguardando in un momento cruciale della storia il primato della fede e della Parola contenuta nelle sante Scritture rispetto a qualsiasi insegnamento, frutto unicamente della ricerca religiosa dell'uomo.


TRACCE DI LETTURA

Predicano una dottrina non cristiana quelli che insegnano che a coloro che redimeranno anime o compreranno lettere confessionali non sia necessaria la contrizione.
- Qualunque cristiano veramente pentito ha la remissione plenaria dalla pena e dalla colpa che gli è dovuta, anche senza lettere di indulgenza.
- La remissione e la partecipazione del papa non è affatto da disprezzarsi, perché essa è la dichiarazione della divina remissione.
- Si deve insegnare ai cristiani che non è intenzione del papa che l'acquisto delle indulgenze sia in alcun modo da mettere alla pari con le opere di misericordia.
- Si deve insegnare ai cristiani che chi dà al povero o fa un prestito al bisognoso, fa meglio che se comprasse indulgenze.
- Si deve insegnare ai cristiani che colui che vede un povero, e trascuratolo dà il suo denaro per le indulgenze, non s'acquista le indulgenze del papa, ma l'indignazione di Dio.
- Si deve insegnare ai cristiani che, se il papa conoscesse le estorsioni dei predicatori di indulgenze, preferirebbe che la basilica di San Pietro andasse in cenere, piuttosto che fosse edificata con la pelle, la carne e le ossa delle sue pecore.
- È certamente intenzione del papa che, se le indulgenze, che sono una cosa minima, sono solennizzate con una sola campana, una sola processione, una sola cerimonia, il vangelo, che è la cosa più grande, sia predicato con cento campane, cento processioni, cento cerimonie.
- Chi parla contro la verità dei perdoni apostolici, sia anatema e maledetto.
Ma chi si oppone alla frenesia e alla licenza del parlare del predicatore di indulgenze, sia benedetto.
- Dire che la croce con le insegne papali eretta solennemente equivalga alla croce di Cristo, è bestemmia.
(Martin Lutero, Tesi sulle indulgenze 35, 36, 38, 42, 43, 45, 50, 55, 71, 72 e 79)


LOUIS MASSIGNON (1883-1962)
testimone

Il 31 ottobre del 1962 ritorna al Dio di Abramo e Padre di Gesù Cristo Louis Massignon, orientalista cristiano e testimone della mitezza evangelica. Nato a Nogent-sur-Marne nel 1883, Massignon iniziò ad appassionarsi negli anni del liceo alle culture orientali e alle grandi religioni monoteiste. Ottenuto il diploma di arabo, egli imparò a conoscere la fede e l'ospitalità musulmane durante un soggiorno in Marocco. Come per Charles de Foucauld, di cui fu amico e in parte discepolo, anche per Massignon l'incontro con l'islam e la cultura araba fu l'occasione per una riscoperta della propria fede cristiana. Da quel momento l'orientalista francese fu abitato costantemente da un fuoco interiore che lo guiderà per tutta la vita. Affermato professore di islamologia, egli fece conoscere in tutto il mondo le ricchezze della mistica musulmana, soprattutto attraverso lo studio di al-Ḥallāǧ, del quale fu il più grande conoscitore. A Parigi le sue lezioni attiravano folle di uditori, affascinate dalla capacità di simpatia con il pensiero dell'altro che Massignon manifestava costantemente. Convinto della grande incomprensione che regnava attorno ai nordafricani e ai mediorientali, egli si impegnò in prima persona per promuovere una più profonda conoscenza delle loro ragioni in occidente e per l'impiego della non violenza gandhiana nella risoluzione delle gravi crisi nei territori coloniali. Uomo di una carità fine e delicata e di un'umiltà sconvolgente, Massignon seppe unire sino alla fine a un profondo spirito scientifico una compassione senza limiti. Louis Massignon è ricordato con profonda stima e riconoscenza anche nel mondo musulmano.


TRACCE DI LETTURA

Sepolti vivi nell'irreversibile conflitto algerino, ci resta nel cuore questa scintilla ultima della fede. Fede eroica del nostro padre Abramo, cui fu intimato di sacrificare il figlio; questa fede del povero, del ritardato, dell'ignorante odiato dalla nostra scettica cristianità; fede per cui in Dio non c'è più che un solo mistero, quello della sua unità: l'Atto puro dove egli unifica se stesso. Noi vogliamo entrare in quest'atto puro con la non-violenza del «fiat» mariano, tramite i nostri amici musulmani, nostri fratelli, per essere «Uno» insieme con essi, noi, i loro sostituti, come Dio è Uno. Per questi derelitti non c'è più che un'opera di misericordia, l'Ospitalità, ed è solo con essa, e non con le osservanze legali, che si varca la soglia del sacro: Abramo ce l'ha mostrato ... Abramo, l'amico di Dio, gli aveva opposto un tempo dieci scintille di fede ancora ardenti, dieci ospiti credenti, abitanti la Sodoma giordana per salvarla dal fuoco. È certamente dal profondo della Sodoma spirituale, dell'inferno de «il primo amore» dantesco, dove Gesù è sceso per riaccendere il fuoco spento dell'ospitalità, che scaturirà l'Indignazione salvatrice del Giudice.
(L. Massignon, Messaggio di Natale del 1956 )


LE CHIESE RICORDANO...

ANGLICANI:
Martin Lutero (+ 1546), riformatore

CATTOLICI D'OCCIDENTE:
Claudio, Luperco e Vittorico di Léon (III-IV sec.), martiri (calendario mozarabico)

COPTI ED ETIOPICI (21 bābah/ṭeqemt):
Gioele (V-IV sec. a.C.), profeta (Chiesa copta)
Anba Rueiss, vagabondo di Dio (Chiesa copto-ortodossa)

LUTERANI:
Memoria della Riforma

ORTODOSSI E GRECO-CATTOLICI:
Stachys, Apelle, Ampliato, Urbano, Narcisso e Aristobulo (I sec.), dei settanta discepoli
Epimaco (+ 250), martire
Pietro di Cetigne (+ 1830), metropolita del Montenegro (Chiesa serba)

1 novembre

COMUNIONE DEI SANTI DEL CIELO E DELLA TERRA

Le chiese antiche si resero conto ben presto che nessun martirologio era sufficiente a contenere il numero dei santi riconosciuti dalle varie comunità cristiane. Sorse così nel IV secolo la solennità odierna, dapprima nella chiesa siriaca, dove era chiamata festa di «tutti i martiri». Ad Antiochia essa veniva celebrata la domenica dopo Pentecoste a sottolineare il legame imprescindibile tra effusione dello Spirito dall'alto e testimonianza dei cristiani fino al martirio. I santi, cioè i morti per Cristo, con Cristo e in Cristo, sono viventi assieme a lui, sono una communio sanctorum; e poiché noi siamo membra del corpo di Cristo ed essi membra gloriose del corpo glorioso del Signore, la chiesa pellegrinante ricorda oggi la sua comunione con la chiesa celeste, assieme alla quale forma l'unico e totale corpo del Signore. Nel corso dei secoli le chiese bizantine hanno conservato la data antiochena della festa, mentre i latini colsero l'occasione di questa celebrazione per cristianizzare i templi e le feste pagane dedicati a «tutti gli dèi». Nel VII secolo a Roma essa fu dunque fissata il 13 maggio, giorno in cui il tempio romano del Pantheon divenne la chiesa di Santa Maria dei martiri.
L'attuale data occidentale del 1° novembre è probabilmente di origine celtica, e fu imposta a tutto l'occidente nel 835 da papa Gregorio IV. Posta così nel tempo autunnale, a conclusione dei raccolti, la solennità di Tutti i santi chiede di contemplare la messe di tutti i sacrifici viventi offerti a Dio, la raccolta presso il Signore di tutti i frutti maturi, opera del suo amore tra gli uomini. Essa ricorda, contro ogni solitudine e isolamento nel cuore dell'uomo, che non siamo soli, ma siamo una comunione destinata a una vita senza fine.


TRACCE DI LETTURA

La festa di tutti i santi che noi oggi celebriamo è davvero un memoriale dell'autunno glorioso della Chiesa. È la festa contro la solitudine, contro ogni isolamento che sta nel cuore dell'uomo. Oggi noi dovremmo cantare: «Non siamo soli, siamo una comunione!». Oggi dovremmo rinnovare il canto pasquale perché, se a Pasqua contemplavamo il Cristo vivente per sempre alla destra del Padre, oggi, grazie alle energie di resurrezione sprigionate dalla Pasqua, noi contempliamo quelli che sono in Cristo alla destra del Padre: i santi. A Pasqua cantavamo che la vite era vivente, risorta; oggi la Chiesa ci fa cantare che i tralci hanno dato il loro frutto, che i tralci, mondati e potati dal Padre sulla vite che è Cristo, hanno portato una vendemmia abbondante e che questi grappoli, questi frutti della vite sono insieme un unico vino: quello del regno di Dio. Se non ci fossero i santi, se noi non credessimo alla comunione dei santi del cielo e della terra, saremmo chiusi in una solitudine disperata e disperante.
(Un monaco della Chiesa d'occidente)


PREGHIERA

Dio d'amore,
tu oggi ci riunisci con i santi,
tuoi amici,
in una gioiosa comunione fraterna:
accordaci di camminare come loro sulle tracce di Cristo
e noi, avvolti da una così grande nube di testimoni,
entreremo nel tuo regno, benedetto nei secoli dei secoli.


LETTURE BIBLICHE

Eb 11,32-12,4 (vigilia); Ap 7,9-17; 1Gv 3,1-3; Mt 5,1-12


LE CHIESE RICORDANO...

ANGLICANI:
Giorno di tutti i santi

CATTOLICI D'OCCIDENTE:
Tutti i santi (calendario romano e ambrosiano)

COPTI ED ETIOPICI (22 bābah/ṭeqemt):
Luca, evangelista

LUTERANI:
Memoria di tutti i santi
Erhard Schnepf (+ 1558), riformatore nel Wϋrttemberg

MARONITI:
Tutti i santi
Cosma e Damiano (+ ca 303), martiri

ORTODOSSI E GRECO-CATTOLICI:
Cosma e Damiano, taumaturghi e anargiri
Traslazione delle reliquie di Giovanni di Rila (1238), monaco (Chiesa russa)
Procoro di Pčinja e Giovanni di Rila (IX-X sec.), anacoreti (Chiesa serba)
Nicola Dvali (+ 1314), ieromartire (Chiesa georgiana)

SIRO-OCCIDENTALI:
Giovanni di Erbil e Giacomo lo Zelota (IV sec.), martiri
Tutti i santi (Chiesa siro-cattolica)

SIRO-ORIENTALI:
Aḥḥa l'Egiziano (IV sec.), monaco (Chiesa assira)

VETEROCATTOLICI :
Tutti i santi

2 novembre

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MEMORIA DEI MORTI IN CRISTO

I credenti vivono il proprio pellegrinaggio terreno nella fede grazie al reciproco sostegno che si prestano in seno al popolo di Dio. In Cristo infatti tutti i fedeli, sia quelli ancora in vita sia quelli defunti, sono legati gli uni agli altri mediante una comunione di amore e di preghiera. È questo il fondamento più profondo dell'odierna memoria di tutti i morti in Cristo, posta non a caso il giorno successivo alla memoria della comunione di tutti i santi del cielo e della terra. I cristiani d'oriente e d'occidente hanno sempre ricordato nel corso della celebrazione eucaristica i fedeli già tornati al Padre. Gli orientali ricordano in modo particolare i defunti in alcuni giorni dell'anno.
In occidente, a partire dal 998, l'abate di Cluny Odilone istituì un ufficio liturgico per ricordare i fratelli della comunità che avevano già terminato il loro pellegrinaggio terreno. Grazie all'enorme influenza dei monaci cluniacensi, tale uso si estese fino a diventare prassi comune in tutta la chiesa latina. In alcune chiese della Riforma, però, la memoria dei morti in Cristo fu soppressa, a motivo del forte legame, sottolineato dai cattolici, di questa festa con la dottrina del purgatorio; ma con la riscoperta del significato originario essa è stata ricuperata in molte comunità protestanti.
Ricordando i defunti in Cristo ogni credente ravviva la speranza di una vita senza fine; Gesù infatti ha promesso a quanti rimangono nel suo amore che la morte non è l'ultima parola sulle loro esistenze, ma è il passaggio a una vita in pienezza, perché l'amore è più forte della morte e la carità non avrà mai fine.


TRACCE DI LETTURA

Discese agli inferi: questa confessione del Sabato santo sta a significare che Cristo ha oltrepassato la porta della solitudine, che è disceso nel fondo irraggiungibile e inaccostabile della nostra condizione di solitudine. Questo sta a significare però che anche nella notte estrema nella quale non penetra alcuna parola, si dà una voce che ci chiama, una mano che ci prende e ci conduce. La solitudine insuperabile dell'uomo è stata superata dal momento che Egli si è trovato in essa. L'inferno è stato vinto dal momento in cui l'amore è penetrato in esso e la terra della solitudine è stata abitata da lui. Nella sua profondità l'uomo non vive di pane, ma nell'autenticità del suo essere egli vive per il fatto che è amato e può amare. A partire dal momento in cui nello spazio della morte si dà la presenza dell'amore, allora nella morte penetra la vita: «Ai tuoi fedeli, Signore, la vita non è tolta, ma trasformata» canta la chiesa nella liturgia funebre.
(J. Ratzinger, Sulla settimana santa)


PREGHIERA

Dio eterno,
che ci hai fatti e ci hai redenti,
accordaci,
assieme a tutti i fedeli defunti,
i benefici della passione salvifica di tuo Figlio
e la resurrezione nella gloria:
fa' che nell'ultimo giorno,
quando radunerai ogni cosa in Cristo,
possiamo godere insieme a loro
la pienezza delle tue promesse.
Attraverso Cristo,
tuo Figlio e nostro Signore,
che vive e regna con te,
nell'unità dello Spirito santo,
un solo Dio, ora e sempre.


LETTURE BIBLICHE

Gb 19,23-27; Rm 5,5-11 (o 1Te 4,13-18); Gv 6,37-40


Leggi tutto: 2 novembreJOHANN ALBRECHT BENGEL (1687-1752)
testimone

Nel 1752 si spegne Johann Albrecht Bengel, studioso delle Scritture e teologo luterano nato a Winnenden, nel Württemberg (Germania), sessantacinque anni prima.
Negli anni dei suoi studi a Tubinga, Johann aveva aderito al movimento pietista. Di esso condivise pienamente l'esigenza di restituire alla Riforma un profondo radicamento spirituale.
Chiamato poi a formare i futuri pastori della sua chiesa, egli cercò anzitutto di introdurli alla vita interiore e allo studio delle Scritture. Per favorire il raccoglimento e la concentrazione dei suoi allievi egli diede vita a una vera e propria comunità di ricerca e di preghiera.
Pienamente fedele alla chiesa e alle sue autorità, Bengel fu fautore di una teologia all'insegna del primato dell'escatologia, evitando così le derive individualistiche in cui cadde parte del movimento pietista, nonché l'eccessiva speculazione della teologia occidentale di quel tempo, quasi a ricordare l'adagio di Evagrio, secondo cui teologo è soltanto colui che è veramente capace di pregare.
Bengel curò negli ultimi anni della sua vita anche un'edizione critica del Nuovo Testamento, corredata di un commento che influenzerà profondamente i posteri, compresi John Wesley e i metodisti inglesi.
Egli morì pochi anni dopo essere divenuto prelato di Alpirsbach, nella pace che aveva coltivato per tutta la vita.


TRACCE DI LETTURA

Il felice amalgama tra la frequentazione delle riunioni religiose in piccole comunità e un ampio apprezzamento per la scienza pura fu particolarmente singolare in Johann Albrecht Bengel che, per modestia, si limitò ad insegnare in un seminario del Württemberg. Per la presenza in lui della rara alleanza tra una notevole erudizione e una quasi infantile sottomissione agli insegnamenti tradizionali, egli fu critico in virtù della sua stessa fede, e dette così una significativa manifestazione dell'esegesi tedesca, tanto diversa da quella inglese e da quella francese. Convinto che la Scrittura, con la sua stessa azione benefica, desse una prova sufficiente della sua origine divina, con la sua esegesi d'avanguardia egli liberò l'interpretazione dei testi biblici dalle restrizioni tradizionali e confessionali, ma in un tale contesto di fede da risultare accettabile, per esempio, a un uomo come John Wesley.
(É. G. Léonard, Storia del protestantesimo)


Leggi tutto: 2 novembreGREGORIUS MAR PARUMALA (1848-1902)
pastore

La Chiesa ortodossa malankarese ricorda oggi Gregorius Geevarghese, vescovo di Parumala, nel Kerala indiano.
Gregorius nacque nel 1848 a Mulamthuruthy, in India, da una famiglia che aveva sempre dato diversi presbiteri alla chiesa ortodossa. Avviato al servizio ministeriale fin dall'età di dieci anni, nel 1866 Gregorius ricevette l'ordinazione presbiterale per mano del vescovo mar Coorilose di Antiochia, al cui seguito visitò tutte le chiese malankaresi.
Divenuto fine conoscitore della lingua siriaca, egli fu chiamato a lasciare il monastero di Vettical Dayara, in cui si era ritirato, per essere consacrato vescovo a soli ventotto anni.
Provvisto di una notevole educazione teologica, e al tempo stesso uomo di preghiera, Gregorius mar Parumala si rivelò soprattutto un pastore di grande ascolto e carità. Nei suoi ventisei anni di servizio episcopale, organizzò con sollecitudine e con amore la vita della diocesi affidata alle sue cure.
Alla sua marte, avvenuta il 2 novembre del 1902, la sua popolarità era enorme, al punto che nel 1947 il sinodo della Chiesa ortodossa malankarese decise di canonizzarlo, evento rarissimo nella tradizione religiosa di quelle terre.


LE CHESE RICORDANO...

ANGLICANI:
Commemorazione dei fedeli defunti (Giorno di tutte le anime)

CATTOLICI D'OCCIDENTE:
Commemorazione dei fedeli defunti (calendario romano e ambrosiano)

COPTI ED ETIOPICI (23 bābah/ṭeqemt):
Dionigi (III-IV sec.), vescovo di Corinto, martire (Chiesa copta)

LUTERANI:
Johann Albrecht Bengl, teologo nel Württemberg

MARONITI:
Commemorazione dei fedeli defunti
Acindino e i suoi compagni di Persia (IV sec.), martiri

ORTODOSSI e GRECO-CATTOLICI:
Acindino, Pegasio, Aftonio, Elpidoforo e Anempodisto, martiri

SIRO-OCCIDENTALI:
Gregorius mar Parumala, vescovo (Chiesa malankarese)

VETEROCATTOLICI:
Tutte le anime