Nella relazione con il malato e con il sofferente in genere, la compassione è attitudine essenziale. Dal punto di vista teologico la Bibbia attribuisce la compassione anzitutto a Dio e ne fa l’elemento in base al quale Dio “vede” la sofferenza del popolo e si appresta a intervenire a suo favore (Esodo 2,23-25; 3,7-8); Cristo nei vangeli appare come narrazione e personificazione della compassione di Dio, ben espressa nell’atteggiamento del buon samaritano che, passando accanto all’uomo ferito, “lo vide e ne ebbe compassione” (Luca 10,33).
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Il mio modo di essere, le mie opinioni non nascono forse dalle pieghe della carne? Il corpo influisce sulla mia visione del mondo. Ciascuno pensa sempre con un vissuto, con la propria storia. Anche la personalità più eterea affonda oscure radici nell’esperienza di un corpo, di una carne. Angosce, paure, desideri, convinzioni si radicano nel più profondo dell’essere e traggono origine nel corpo, che conserva la memoria di ogni cosa.
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Io ti faccio udire cose nuove che tu nemmeno pensi.
Sono cose create ora, non prima, da un giorno tu le hai udite perché tu non dica: «Ecco io le conoscevo» ...
Sì, io lo so, tu tradisci, tu tradisci, «Peccatore fin dal ventre» è il tuo nome ...
Ecco io ti ho purificato, ma non con argento,
io ti ho scelto nel crogiuolo della miseria (Is 48,6-10 TM).
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Ogni vocazione è la manifestazione di un'elezione eterna, di una chiamata prima della fondazione del mondo ma è altrettanto vero che l'evento della vocazione si situa nella storia particolare e personale di un chiamato. In questo volgersi epifanico di Dio alla sua creatura la Parola di Dio è emanata una seconda volta cosicché avviene una discesa, una entrata, una emergenza della Parola efficace di Dio che appare come intima auto-espressione di Dio.
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