In ascolto della famiglia
L’annuncio del matrimonio cristiano è chiaro, esigente, perché nel rapporto tra uomo e donna, che vivono una storia d’amore, che sono legati nell’alleanza della parola data, è significata l’alleanza fedele tra Dio e il suo popolo; ma occorre mantenere viva la coscienza che noi non siamo mai capaci di manifestare pienamente la fedeltà di Dio, il quale è fedele anche se il suo popolo è sempre infedele. Questo messaggio esigente noi cristiani dovremmo comunicarlo mettendoci in ginocchio e dicendo umilmente che è una parola del Signore, non nostra, una parola che annunciamo senza presunzione né arroganza, sapendo che vivere il matrimonio nella fedeltà e nell’amore rinnovato è un’opera ardua, difficile, faticosa, impossibile senza l’aiuto della grazia di Dio, e in ogni caso mai vissuta pienamente, ma sempre contraddetta da miserie, debolezze e da quell’egoismo che ci abita fino alla morte.
Questo annuncio evangelico non può certo essere mutato dalla chiesa, anche se scandalizza non solo il mondo, ma gli stessi cristiani, come dimostra la reazione dei discepoli alle parole di Gesù: “Se questa è la situazione dell’uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi” (Mt 19,10). Ma di fronte a questa chiara volontà di Gesù, la chiesa, proprio nell’annunciarla in verità, senza cambiare la dottrina, deve avere il coraggio di esprimerla con parole nuove, comprendendo sempre meglio tale annuncio. Come affermava papa Giovanni XXIII, riferendosi al compito che attendeva il concilio: “Non è il vangelo che cambia, siamo noi che cominciamo a comprenderlo meglio” 1 (24 maggio 1963).
Per questo, nella convinzione che la forma e l’identità della famiglia, molto diversificata nelle diverse società e culture, mutata a più riprese nel corso dei secoli, nel nostro occidente ha conosciuto profondi e rapidi cambiamenti negli ultimi decenni, oggi noi chiesa dobbiamo porci in ascolto delle famiglie, o meglio degli uomini e donne del nostro tempo, che vivono la storia del matrimonio in un modo nuovo rispetto al passato. La chiesa deve guardare in faccia gli uomini e le donne di oggi, le loro fragilità e debolezze, e non solo il loro desiderio di famiglia, come dicono più volte i documenti sinodali, ma anche le paure e le incertezze riguardo alla famiglia. Solo da un ascolto attento, amoroso, non prevenuto e non presuntuoso dell’attuale fatica a costruire e a vivere la famiglia, potrà nascere uno sguardo su di essa e sulle sue vicende segnate da gioiosa beatitudine ma a volte anche da sofferenza e morte.
Non si dimentichi, inoltre, che il giudizio sulla realtà matrimoniale è rappresentato dalle parole radicali di Gesù: “Chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore” (Mt 5,28). Sono parole che interrogano tutti: chi non ha commesso questo peccato? Nelle storie d’amore il cammino è accidentato, e anche per i credenti può accadere la contraddizione all’alleanza nuziale. Può anche avvenire la separazione, che a volte addirittura si impone e non è certo un peccato né una colpa, come papa Francesco ha ricordato recentemente. Sì, oggi molti cristiani si trovano in questa situazione di lacerazione, e la loro presenza deve interrogare tutta la chiesa.