Relatori - sintesi degli interventi

La ventitreesima edizione del Convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa (Bose, 9-12 settembre 2015) sarà dedicata al tema “Misericordia e perdono”, tema scelto dal comitato scientifico dei convegni ecumenici che si è riunito a Bose il 4-5 ottobre.
L’esperienza del male, della sofferenza che gli uomini infliggono gli uni agli altri, sembra segnare dal principio l’avventura umana. Eppure Dio di rivela come Dio di misericordia e di compassione (Es 34,5); la misericordia è il volto di Dio che Gesù rivela agli uomini.

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Programma dei giorni

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XXIII Convegno Ecumenico Internazionale di spiritualità ortodossa
MISERICORDIA E PERDONO
Bose, 9-12 settembre 2015
in collaborazione con le Chiese Ortodosse

L’esperienza del male, della sofferenza che gli uomini infliggono gli uni agli altri, sembra segnare dal principio l’avventura umana. Eppure Dio di rivela come Dio di misericordia e di compassione (Es 34,5); la misericordia è il volto di Dio che Gesù rivela agli uomini.

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Comunicato stampa

XXIII Convegno Ecumenico Internazionale di spiritualità ortodossa
MISERICORDIA E PERDONO
Bose, 9-12 settembre 2015
in collaborazione con le Chiese Ortodosse

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“Misericordia e perdono” è il titolo della ventitreesima edizione del Convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa, che si è tenuto a Bose dal 9 al 12 settembre 2015.

Nel tempo drammatico che viviamo, segnato dalla barbarie della guerra e dell’intolleranza, dal prevalere della logica di mercato sulla solidarietà condivisa, il tema ha voluto ricordare l’urgenza di una pratica del perdono, accanto alla ricerca della giustizia, per ritrovare un’idea di bene comune e una fiducia reciproca che si traduca in responsabilità verso l’altro.

In ascolto della Scrittura e della tradizione spirituale ortodossa, il convegno ha proposto un itinerario di riflessione sull’arte del perdono, raccogliendo le domande che interrogano la speranza cristiana. Come annunciare oggi il perdono di Dio? Come risanare la memoria ferita? Dove ritrovare la gioia del perdono tra le chiese e gli uomini? Quali sono oggi i luoghi del perdono cristiano (gli sposi che si separano, la ricostruzione della fiducia dopo i conflitti, la ricomposizione delle relazioni interpersonali e comunitarie)? Come coniugare giustizia e perdono nella loro dimensione pubblica e storica?

Hanno preso parte al convegno i rappresentanti di tutte le Chiese ortodosse, della Chiesa cattolica, della Chiesa d’Inghilterra e delle Chiese della Riforma, biblisti, patrologi e teologi, monaci d’oriente e di occidente, filosofi e scrittori da tutto il mondo.

Il Convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa è diventato un punto di riferimento internazionale per il dialogo ecumenico e lo studio della tradizione spirituale dell’oriente cristiano, secondo una visione ampia del dialogo interculturale e interreligioso, che include l’Europea orientale, l’Ucraina, la Russia e il Medio Oriente.

I lavori del Convegno si sono aperti con il discorso inaugurale del priore di Bose, Enzo Bianchi, e le prolusioni del cardinale Walter Kasper presidente emerito del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani e del metropolita Kallistos Ware di Diokleia, che hanno messo al centro il tema del perdono cristiano e della riconciliazione tra le chiese.

I messaggi inviati al Convegno dai capi delle diverse Chiese hanno ricordato come “la misericordia e la compassione nei confronti dei nostri compagni in umanità occupino un posto centrale tra le altre virtù nell’insegnamento del Signore”, come ha scritto il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli; il messaggio inviato dal metropolita Ilarion di Volokolamsk, presidente del dipartimento per le relazioni esterne del patriarcato di Mosca, a nome del patriarca Kirill di Mosca, ha osservato che l’appello evangelico a essere “misericordiosi, come anche il padre vostro è misericordioso” (Lc 6,36), contiene “la testimonianza della più alta dignità dell’uomo, chiamato a collaborare con Dio”. Papa Francesco, nel messaggio pervenuto per il tramite del Cardinale Pietro Parolin, ha sottolineato che “la misericordia è la grande luce di amore e tenerezza di Dio che porta in sé il perdono”.

Se l’esperienza del male, della sofferenza che gli uomini infliggono gli uni agli altri, segna dal principio l’avventura umana, la misericordia è il volto di Dio che Gesù rivela agli uomini. La sua vita donata sulla croce “fa la verità” sul bene e il male e apre il tempo della misericordia di Dio. È questo il perdono che i cristiani sono chiamati insieme ad accogliere e trasmettere ai fratelli e sorelle in umanità.

Gli interventi dei relatori si sono divisi in diverse sezioni: la Scrittura e i padri, il perdono nella tradizione monastica e nella sua dimensione antropologica, i testimoni della misericordia nelle diverse chiese, e infine giustizia e perdono. Sono intervenuti tra gli altri John Behr (New York), Eugen J. Pentiuc (Brookline), Dimitrios Moschos (Atene), Alexis Torrance (Notre Dame), Sebastian Brock (Oxford), Elena Romanenko (Mosca), Petros Vassiliadis (Tessalonica), Pantelis Kalaitzidis (Volos), Costantin Sigov (Kiev), Krastu Banev (Durham), Christos Yannaras (Atene), George Demacopoulos (New York), Gelian Prochorov (San Pietroburgo).

I delegati delle Chiese hanno assicurato il respiro ecumenico all’incontro. Delegato del patriarca Bartolomeos I di Costantinopoli è l’archimandrita Nifon Vassilakis (Creta) mentre l’archimandrita Athenagoras Fasiolo ha rappresentato il metropolita d’Italia Ghennadios; sono inoltre intervenuti i metropoliti Irineos di Hiraklion, Arcivescovo di Creta, e Maximos di Silyvria. La delegazione del patriarcato di Mosca è stata guidata dal vescovo Mitrofan di Severomorsk e Umba, insieme all’igumeno Arsenij (Sokolov) e a padre Arsenij Cernikin. Il Patriarcato di Alessandria è stato rappresentato dal metropolita Seraphim di Zimbabwe e Angola. La Chiesa ortodossa ucraina è stat rappresentata dal vescovo Filaret di Leopoli e Galizia, dagli archimandriti Filaret (Egorov), Roman (Podlubnjak) e l’igumeno Feodosij (Marchenko); la Chiesa ortodossa bielorussa dal vescovo Stefan di Gomel e Žlobin; la Chiesa ortodossa serba dal vescovo Andrej Čilerdžić (Vienna) e dal metropolita Porfirije di Zagabria e Lubiana; la Chiesa ortodossa romena da padre Atanasie Rusnac e p. Ioan (Popoiu). Per la Chiesa di Grecia era presente il vescovo Ioannis di Thermopylon, oltre che i delegati di numerosi Metropoliti; per la Chiesa di Cipro il metropolita Grigorios di Mesaorias; per la Chiesa ortodossa d’America il vescovo Melchisedek di Pittsburgh. Il Patriarcato di Antiochia è stato rappresentato da padre Bassam Nassif; la Chiesa Apostolica Armena da padre Adam (Makaryan); la Chiesa copta ortodossa dal vescovo Epiphanios di San Macario. Il vescovo John Stroyan di Warwick ha rappresentato l’arcivescovo di Canterbury Justin Welby, e per la Chiesa d’Inghilterra erano presenti anche il vescovo Jonathan Goodall di Ebbsfleet e il canonico Hugh Wybrew.

Per la Chiesa Cattolica, oltre al Cardinal Kasper che ha aperto il Convegno, erano presenti l’arcivescovo Antonio Mennini, Nunzio Apostolico nel Regno Unito, i vescovi Gabriele Mana di Biella, Marco Arnolfo di Vercelli, Mansueto Bianchi assistente ecclesiastico generale dell'Azione Cattolica Italiana, Pier Giorgio Debernardi di Pinerolo, Luigi Bettazzi vescovo emerito di Ivrea, mons. Andrea Palmieri, sottosegretario, delegato del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani e don Cristiano Bettega, direttore dell’Ufficio per l’ecumenismo e il Dialogo della CEI.

Il Consiglio ecumenico delle Chiese era rappresentato da Michel Nseir. La presenza di numerosi monaci e monache d’Oriente e Occidente ha costituito un importante occasione di incontro e scambio spirituale e fraterno.

Nel corso del Convegno sono stati presentati gli Atti della precedente edizione: Beati i pacifici., con contributi tra gli altri di John Behr, Anca Manolescu, Aristotle Papanikolaou, Athenagoras Peckstadt, Michail Seleznev, Kallistos Ware.

Al termine dei lavori, dopo le conclusioni lette a nome del comitato scientifico da fr. Sabino Chialà, il priore di Bose Enzo Bianchi ha chiuso il Convegno con una parola di ringraziamento per i partecipanti e le Chiese che hanno inviato rappresentanti e messaggi, annunciando le date del XXIV Convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa: 7-10 settembre 2016. Il tema sarà scelto e reso noto dopo il comitato scientifico, composto da: Enzo Bianchi (Bose), Lino Breda (Bose), Sabino Chialà (Bose), Lisa Cremaschi (Bose), Luigi d’Ayala Valva (Bose), Hervé Legrand (Parigi), Adalberto Mainardi (Bose), Antonio Rigo (Università di Venezia), Michel Van Parys (Abbazia di Grottaferrata), che si riunirà nel mese di ottobre.

Kasper: Individualismo, avidità e indolenza sono i nostri mali...

La Stampa, 11 settembre 2015
Di BRUNO QUARANTA

Parla il cardinale teologo: «Individualismo, avidità e indolenza sono i nostri mali» «Comunione ai divorziati risposati? Al Sinodo mi auguro un largo consenso

Walter Kasper, «un buon teologo, un teologo in gamba», come lo salutò Francesco nel primo Angelus, elogiandone il libro Misericordia (Queriniana), la virtù-guida del Pontefice «venuto dalla fine del mondo», fino a proclamare il giubileo straordinario della misericordia.

Presidente emerito del pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, Kasper, 82 anni, è una figura naturalmente di casa a Bose, la comunità ecumenica del Biellese che ospita in questi giorni il convegno di spiritualità ortodossa Misericordia e perdono. 

Lei e Francesco...

«Prima che venisse eletto Papa avevo incontrato Bergoglio un paio di volte. Soprattutto, di lui, mi giungevano notizie, buone, dall’Argentina, circa i rapporti che intratteneva con i sacerdoti. Durante il Conclave le nostre stanze erano di fronte. Gli donai il mio libro. Il titolo lo toccò profondamente. Mi disse: “Misericordia è il nome del nostro Dio”».

Misericordia. Verso chi soffre. Verso chi erra. Quali le maggiori miserie del nostro tempo?

«Circoscrivo la risposta al mondo occidentale: l’individualismo, la sudditanza al denaro, l’ignavia, il male per eccellenza dell’Europa, come ha denunciato il Papa. Fortunatamente qualcosa sta mutando. Penso alla disponibilità mostrata verso i migranti, a cominciare dalla mia Germania».

E la maggiore miseria della Chiesa?

«L’incoerenza. La distanza fra la dottrina e il mondo. La dottrina costretta in una torre d’avorio, non venendo in soccorso alle ansie umane».

A proposito: si avvicina il Sinodo. Che cosa si possono attendere, per esempio, i divorziati risposati? Saranno ammessi alla comunione?

«Auspico, in merito, un largo consenso. Beninteso occorrerà costruirlo sagacemente. Sono fiducioso».

Un vescovo in sintonia con Bose, monsignor Bettazzi, non da ora si dice pro Dico, il riconoscimento delle unioni civili.

«Io dico che lo Stato è secolare, è laico, è autonomo. La Chiesa si muove in una diversa sfera». 

Non lontano da Bose, a Montalenghe, c’è una realtà lefebvriana. Lei crede che la Fraternità Pio X possa ritrovare la piena comunione con la Chiesa di Roma?

«La Chiesa di Roma ha compiuto verso i lefebvriani passi notevoli. Benedetto XVI si è mostrato assai generoso. Francesco ha da poco affermato che le assoluzioni sacramentali amministrate dai preti della Fraternità sono valide. Favorendo in particolare le anime, più che socchiudendo una porta a Ecône».

Ratzinger, verso i lefebvriani si è mostrato oltremodo generoso. Autorizzando l’uso del messale di Pio V, quindi la preghiera «pro eretici e scismatici perché il Signore li strappi da tutti i loro errori», mentre per gli ebrei è contemplata l’espressione «popolo accecato». Diverso l’insegnamento del Vaticano II.

«Sì, diverso e inscalfibile, si apra la dichiarazione Nostra aetate. E si meditino i pronunciamenti di questo o quel Pontefice, da Roncalli a Francesco. Ecco dove volgere i riflettori. I nostalgici non sono più dell’1 per cento, destinati ad assottigliarsi, a svanire, con le loro ossessioni».

È favorevole a un Vaticano III?

«No. Bisogna ancora recepire non poca parte del Vaticano II. Dove si è più in ritardo? La collegialità. Il rapporto chiesa universale-chiese locali. Il ruolo dei laici».

L’ecumenismo. Quali passi è auspicabile che la Chiesa compia per arrivare all’unità delle chiese cristiane?

«Di passi ne ha fatti. E numerosi. L’auspicio è che tutti ne facciano».

Il principale ostacolo all’unità?

«Sicuramente il Primato di Roma. L’interpretazione che Francesco dà del Papato è un sicuro viatico verso l’ecumenismo».

Lei è un cultore di Schelling. Quando le fu conferita una laurea honoris causa, Cacciari evidenziò il suo pensiero: «L’Assoluto nella storia ha il nome di libertà». Quando si è liberi?

«La libertà è il dono della libertà di Dio. Il cristianesimo sospinge, induce a scegliere, non oscilla, non si arena, fra il sì e il no. È una sicura via alla maturità dell’uomo».

«La sfida della misericordia», come si intitola un suo libro per le Edizioni Qiqajon di Bose. Un personaggio di Singer sostiene: «Io credo nella misericordia, non nel rigore della legge».

«Oggi, non da oggi, la Chiesa preferisce la medicina della misericordia all’arma della severità. Lo dichiarò Papa Giovanni XXIII inaugurando il Concilio Vaticano II. Bando ai fondamentalismi e ai legalismi. La verità è, deve essere, dialogante. Imbalsamarla è umiliarla». 

I suoi scrittori tedeschi?

«I miei poeti: da Schiller a Rilke. Rilke: “Noi siamo le api dell’invisibile”. Non scordiamolo».

Quella luce che porta il perdono

Osservatore Romano, 10 settembre 2015

La misericordia “la grande luce di amore e tenerezza di Dio che porta in sé il perdono”. E’ quanto sottolinea Papa Francesco in un messaggio, a firma del cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, indirizzato al priore di Bose, Enzo Bianchi, in occasione dell'annuale convegno di spiritualità ortodossa promosso e ospitato, da oggi fino a sabato 11, dalla comunità ecumenica piemontese. Appuntamento, giunto alla ventitreesima edizione, che  ormai diventato un vero e proprio punto di riferimento internazionale per il dialogo ecumenico e lo studio della tradizione spirituale dell'oriente cristiano.

Al centro dell'incontro, come mettono in rilievo le parole del Pontefice, il tema della misericordia e del perdono. Argomento, che, sottolineano gli organizzatori, soprattutto “nel tempo drammatico che viviamo, segnato dalla barbarie della guerra e dell'intolleranza, dal prevalere della logica di mercato sulla solidarietà condivisa” intende “ricordare l'urgenza di una pratica del perdono, accanto alla ricerca della giustizia, per ritrovare un'idea di bene comune e una fiducia reciproca che si traduca in responsabilità verso l'altro”.

Una tematica, aggiunge il cardinale presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani, Kurt Koch, che rappresenta anche il “cuore” del movimento ecumenico.

Infatti, ha sottolineato il porporato nel messaggio indirizzato agli organizzatori, “l' ecumenismo non esisterebbe e non potrebbe svolgersi senza la convinzione che i cristiani devono chiedere perdono a Dio e chiedersi vicendevolmente perdono per le divisioni che hanno generato nel Corpo di Cristo”. Non il caso, l'impegno ufficiale della Chiesa cattolica nel movimento ecumenico  stato accompagnato fin dall'inizio, da un cammino di perdono che ha trovato il suo gesto paradigmatico nello storico incontro tra Paolo VI e il patriarca ortodosso Atenagora con la reciproca cancellazione delle antiche scomuniche.

Il tema del perdono cristiano e della riconciliazione tra le Chiese è stato anche l'aspetto principale affrontato nel corso della giornata inaugurale che ha visto, tra gli altri, gli interventi del cardinale Walter Kasper, presidente emerito del Pontificio Consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani, e di Kallistos Ware, metropolita ortodosso di Diokleia, dei cui discorsi pubblichiamo in questa pagina ampi stralci. Introducendo l'incontro, il priore di Bose ha parlato dello scandalo della misericordia. A prima vista un vero paradosso perché uno dei sentimenti principali attribuiti a Dio e comandati all'umanità in tutta la Bibbia rappresenta spesso anche un motivo di scandalo per i presunti giusti.

Occorre invece comprendere, ha rilevato Bianchi, che la santità di Dio splende non quando l'uomo  senza peccato, ma quando Dio ha misericordia e perdona. Numerosi i messaggi inviati al convegno da parte dei responsabili delle Chiese e delle comunità ecclesiali mondiali. Il patriarca ecumenico Bartolomeo evidenzia come la misericordia e la compassione nei confronti dei nostri compagni in umanità occupino un posto centrale tra le altre virtù nell'insegnamento del Signore, poiché nient'altro è così gradito a Dio e niente  a Lui così caro come la compassione. Anzi, niente il Signore, che giudica con giustizia, ricambia in maniera così abbondante come la compassione e l'amore verso gli uomini, dichiarando beati i misericordiosi perché troveranno misericordia

La centralità del tema della misericordia all'interno del messaggio cristiano  evidenziata anche dal patriarca ortodosso di Mosca Cirillo, nel messaggio, a firma del metropolita Ilarion, presidente del Dipartimento per le relazioni esterne del patriarcato.

Infatti, viene rilevato, nell'appello evangelico a essere misericordiosi, come anche il Padre vostro è misericordioso è contenuta la testimonianza della più alta dignità dell'uomo, chiamato a collaborare con Dio. E, oggi più che mai, in un contesto segnato dalla crisi delle relazioni internazionali e sociali, occorre riconoscere che  le ferite inferte dall' odio e dall'inimicizia possono essere sanate soltanto dalla misericordia e dal perdono reciproco in nome della pace, della custodia della vita e della salvezza delle generazioni future. Un aspetto, quest'ultimo, evidenziato anche dall'arcivescovo di Canterbury e primate della Comunione anglicana, Justin Welby, per il quale la pratica del perdono  sempre stata al cuore della nostra fede in Dio e del nostro amore gli uni per gli altri. Ma essa  ancora più urgente oggi, laddove molti sperimentano il conflitto, la sofferenza, la povertà, l'avversità e l'isolamento per mano di altri esseri umani. Una sottolineatura al centro anche dei messaggi inviati dal patriarca copto ortodosso, Tawadros II, dal patriarca greco ortodosso di Antiochia, Giovanni x, e dal patriarca e catholicos di tutti gli armeni, Karekin II.