Agape e comunità

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Agape non è amore debole, passivo. E’ amore in azione. Agape è amore che cerca di preservare e creare comunità. E’ cura perseverante per la comunità anche quando qualcuno cerca di frantumarla. Agape è la volontà di coprire qualunque distanza per restaurare la comunità. Non si ferma al primo miglio, ma percorre anche il secondo miglio per restaurare la comunità...

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Vivere la pace in comunità

La relazione personale richiede tenerezza e gentilezza. L’opposto dell’amore è la durezza di cuore e l’insensibilità; è l’indifferenza agli altri e a ciò che pensano, sentono e richiedono, evitando di incontrarli e costruendo meccanismi di difesa. La paura rinchiude le persone dentro i sistemi di difesa propri di ciascuno, ma la pace non è semplicemente l’assenza di guerra e non è solo vivere accanto agli altri, ignorandoli o evitando il contatto con loro. La pace implica la conoscenza reciproca, l’apprezzamento dell’altro, il riconoscere e accogliere i valori che ciascuno possiede e dona all’altro. La pace deriva dalla comunione dei cuori, in cui si scopre che siamo veramente fratelli e sorelle, appartenenti a una comune umanità. Questa comunione di cuori non è per niente sentimentale; non significa semplicemente mettersi al sicuro nel calore di un gruppo amico. Tale comunione richiede che insieme, come comunità e come amici, siamo impegnati a lavorare per la pace e la giustizia. La pace è il frutto dell’amore, un amore che è anche giustizia. Ma crescere nell’amore richiede fatica, una dura fatica. E può causare dolore, perché implica una perdita delle certezze, delle comodità, ferisce quel rifugio in cui siamo al sicuro e ci obbliga a definire meglio noi stessi.

Da “Trovare la pace” di Jean Vanier, ed. Messaggero di Padova 2004

Autorità come servizio

Abbiamo bisogno di diventare leader umili, che si mettono al servizio degli altri per aiutarli a crescere in conoscenza, sapienza, libertà e responsabilità, così che possano diventare, nel profondo del loro essere, maggiormente umani. Quando amiamo le persone, le liberiamo. Per essere buoni leader, dobbiamo anche essere preparati ad abbandonare la nostra posizione di autorità e lasciare che gli altri continuino a svolgere il ruolo di leadership al momento giusto. Per esercitare una “buona autorità” occorre diventare uomini di pace.
Profeti di pace sono quelli che nella loro persona e nei loro atteggiamenti non suscitano paura, ma aprono il cuore delle persone alla comprensione e alla misericordia. Sono quelli che nella loro debolezza gridano il loro bisogno di entrare in relazione. In qualche modo misterioso essi stanno demolendo le barriere della paura nei nostri cuori. Che cosa accade quando cominciamo a prestare attenzione ai deboli? Cominciamo ad accettare la nostra personale debolezza. Scopriamo che ci sono tantissime cose che non possiamo fare, che abbiamo bisogno degli altri! Quando scopriamo la nostra vulnerabilità e fragilità, è allora che cominciamo a uscir fuori da dietro le barriere che innalziamo attorno al nostro cuore per la nostra protezione.
Diventiamo profeti di pace quando scopriamo la nostra debolezza. Qui stiamo per toccare un mistero. La pace non viene dalla superiorità e dal potere. Viene dalla potenza della vita che scaturisce dalla parte più profonda, più vulnerabile del nostro essere, una potenza di vita tenera e forte, che è dentro di voi e di me.

Da “Trovare la pace” di Jean Vanier, ed. Messaggero di Padova 2004